A Genova, 29 anni fa la tragedia del tifoso Vincenzo Claudio Spagnolo

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A Genova, 29 anni fa la tragedia del tifoso Vincenzo Claudio Spagnolo

Morto allo stadio Ferraris prima di Genoa-Milan: era il 29 gennaio 1995.

Sono trascorsi quasi 30 anni dalla morte di Vincenzo Claudio Spagnolo, detto “Spagna”, tifosissimo del Genoa. Tutto avvenne domenica 29 gennaio 1995, prima del match tra i rossoblu’ ed il Milan: i rossoneri erano di scena a “Marassi” per una difficile trasferta. Tra le due tifoserie non correva buon sangue. Da un po’ di anni si era rotto il gemellaggio: la sfida salvezza del 1982 aveva sancito la fine dell’amicizia tra i sostenitori delle due squadre.

Le Brigate rossonere e la banda del Barbour

Nel 1995, una delle sigle storiche della galassia del tifo milanista, le Brigate rossonere (acronimo B.R.N.), era in crisi. Le diverse visioni del modo di vivere lo stadio avevano creato una scissione. Da una costola delle “Brn” era nata una nuova formazione, le “Brigate 2”. Aveva un numero ridotto di aderenti, che però era determinato ad imporsi nel panorama delle curve, in particolare in quella del Milan. Il leader del nuovo gruppo della Sud rossonera veniva soprannominato “chirurgo”, diretto riferimento alla presunta voglia di colpire negli scontri (“lamare” in gergo) gli avversari. All’interno delle “Brigate 2” diversi militanti amavano indossare un giaccone, il “Barbour”, soprabito più lungo del bomber, da sempre tra gli indumenti più diffusi tra gli ultras. La nuova banda rossonera aveva preso come riferimento le modalità “casual”, di vestirsi e di agire, delle più note “firm” inglesi, ovvero le sigle del tifo anglosassone più oltranzista.

Ultras modello inglese e viaggi senza scorta

Proprio queste “firm” inglesi non viaggiavano in trasferta utilizzando i treni  “speciali”, come faceva la maggior parte dei tifosi, ma adoperavano mezzi meno convenzionali, più “borghesi” e privi di scorta della polizia. Un esempio (del tempo) erano i treni “Intercity”. Così facendo, alla stregus del modus operandi d’Oltremanica, gli ultras potevano darsi appuntamento per misurarsi “faccia a faccia” con gli avversari. Tutto senza avere la polizia tra i piedi.

Questo modo di agire veniva visto, da alcune frange, con ammirazione e rispetto. E veniva interpretato quale segno di coraggio e capacità di sfidare i “nemici”. Nel mondo del tifo organizzato, secondo il codice non scritto degli Ultras, andare in trasferta senza scorta significa avere la stoffa di “misurarsi” a viso aperto con l’opposta fazione. Farlo a casa dell’avversario assume un valore ancora più epico e ardito. 

Domenica 29 gennaio 1995: prima del match la tragedia

Desiderosi di mostrare le proprie capacità, i milanisti col “Barbour” scelsero di arrivare, il 29 gennaio 1995, da soli nel quartiere “Marassi” di Genova. Quella maledetta domenica, un manipolo di circa 30 milanisti delle “B.R.N. 2” partì da Milano alla volta di Genova, alle 11:00 circa, quando ormai la gran parte della tifoseria rossonera era in viaggio perchè partita con un precedente treno speciale. 

Il drappello del “Barbour” andò a Genova alla ricerca dello scontro, partendo tutt’altro che disarmato. In molti portarono con sé un coltello: tra loro c’era anche S.B., 19 anni, breve passato da tifoso juventino, che da tempo si era avvicinato al microcosmo del tifo milanista più caldo, rimanendo attratto dalla sua capacità di aggregazione. Anche lui aveva con sé una lama, di quelle tascabili, detta a “farfalla” per le sue modalità di estrazione. A Marassi intorno alle ore 12:00 giunsero 900 milanisti, appena scesi col treno speciale. La banda delle “Brigate 2” arrivò invece alle 13:00 e poco dopo era fuori allo stadio “Ferraris”. Qui notò migliaia di tifosi genoani radunati dinanzi alla Nord in vista del match. Tra loro c’era anche Claudio Spagnolo, per molti semplicemente “Spagna”. 

25 anni, idee politiche di sinistra, Spagnolo frequentava un centro sociale ed in passato aveva fatto parte della “Fossa dei Grifoni”, la sigla più importante della curva genoana. Nel 1995 la “Fossa” era formalmente sciolta ma i suoi componenti, sia i vecchi che i più giovani, frequentavano comunque la gradinata Nord.

Il gruppetto del “Barbour” capì che lo scontro frontale era impossibile e così cercò di attuare uno stratagemma: attirare l’attenzione di qualche genoano in una stradina secondaria. Una sorta di imboscata: provocare i “nemici” per portarli in numero esiguo in una zona meno affollata. Tutto accadde in pochi minuti: dopo i primi tafferugli, ci fu un fuggi-fuggi generale, con quelli delle “Brigate 2” che capirono che  non era aria e si dileguarono rapidamente, in cerca di riparo. Il 19enne S.B. rimase più indietro ed estrasse il coltello, affrontando Claudio “Spagna”. Il milanista vibrò la coltellata che colpì il genoano tra petto e addome. Spagnolo rimase gravemente ferito. Venne trasportato in ospedale, morendo in ambulanza nel tragitto dallo stadio al nosocomio. 

La reazione dei genoani: una città in stadio d’assedio

La notizia del decesso di “Spagna” viaggiò velocissima dall’ospedale al “Marassi”. La Gradinata Nord fu attraversata da una improvvisa, tumultuosa e crescente agitazione. La morte di un carissimo amico gettò nel panico tantissimi supporter. La reazione fu decisa: in tanti abbandonarono lo stadio, chiedendo che Genoa-Milan venisse fermata. In diretta tv si vide la Nord svuotarsi con i calciatori sotto la curva che venivano invitati a non giocare. 

Non passarono molti minuti e la partita fu sospesa: lo stadio si svuotò e le immagini Rai mostrarono il progressivo aggravarsi della situazione. I genoani, a centinaia, entrarono con determinazione nella Gradinata Sud, quella opposta alla loro, luogo-simbolo del tifo dell’altra sponda calcistica genovese, quella doriana. A centinaia cercarono di utilizzarla come “testa di ponte” per giungere al settore ospiti: qui chiusi dentro una gabbia di vetro, in uno spicchio di tribuna del “Ferraris”, erano stipati quasi mille milanisti. 

I genoani provarono in ogni modo ad entrare in contatto con i milanisti. Quella del 29 gennaio 1995 si trasformò in uno delle più cruente giornate del calcio. I milanisti rimasero bloccati fino a mezzanotte: la polizia li identifico’  uno ad uno. Fuori dal “Ferraris” si creò uno stato d’assedio: arrivarono centinaia di poliziotti per evitare che la situazione degenerasse. Investigatori e forze dell’ordine non impiegarono molto tempo ad individuare l’omicida. L’ultrà rossonero ed il gruppetto del “Barbour” erano riusciti maldestramente nel loro intento: tutti parlavano di loro, ma vennero bollati col marchio dell’infamia. In tanti erano indignati per quanto avvenuto, una vile azione che aveva stroncato la vita di un 25enne.

L’assassino individuato e condannato

Successivamente, l’assassino S.B., reo confesso, venne processato e condannato: in primo grado prese 16 anni, in appello la pena scese a 14 anni e otto mesi. La sentenza venne confermata in Cassazione nel 2001. Uscì definitivamente dal carcere ad inizio del 2007, anche grazie all’indulto, alle riduzioni di pena per buona condotta ed altri benefici. Oggi, a tutti gli effetti, è un uomo libero che ha scontato la sua pena saldando, completamente, i conti con la giustizia. Sull’entità della sua condanna non sono mancate cicliche e feroci polemiche.