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Analfabetismo funzionale e il pensiero di Tullio De Mauro

In aumento l’analfabetismo funzionale, l’allarme lo aveva lanciato già a suo tempo il linguista Tullio De Mauro. Ma che cos’è esattamente?


Il fenomeno è diffuso da decenni e, specialmente negli ultimi anni, si è ampliato notevolmente. La condizione dell’analfabetismo funzionale preoccupa i linguisti di tutto il mondo, così come altre categorie del panorama culturale, consapevoli delle conseguenze in cui si può incorrere se non si corre presto ai ripari.

Che cos’è l’analfabetismo funzionale

Le prime avvisaglie a metà degli anni Ottanta, periodo in cui vennero definite le caratteristiche di quella che rappresenta una vera e propria piaga: incapacità di comprendere, valutare e farsi coinvolgere dai testi scritti, scarsa dimestichezza con l’uso dell’informatica, conoscenza risicata se non nulla in ambito storico, sociale ed economico ma anche difficoltà nell’eseguire operazioni aritmetiche semplici. Al netto di tutto ciò, è facile trarre delle amare riflessioni. Riflessioni elaborate in merito da Tullio De Mauro, uno dei più acuti linguisti di sempre.

L’analfabetismo, il pensiero di Tullio De Mauro

De Mauro, già nel 2008, sottolineò la necessità di un intervento efficace in quanto l’Italia presenta i dati più elevati di analfabeti funzionali, seconda solamente a Spagna e Turchia. Dati che si fanno anno dopo anno più consistenti nella Penisola, come dimostrato dall’indagine Piaac-Ocse del 2019 da cui si evince che  il 28% della popolazione nostrana tra i 16 e i 65 anni è analfabeta funzionale. Una problematica complessa da affrontare e che De Mauro aveva segnalato più volte, rimarcando la sua costante crescita.

Analfabetismo funzionale, come fronteggiarlo

La domanda sorge spontanea: come fronteggiare un’emergenza simile? La risposta di De Mauro è schietta e decisa: valorizzare il contesto familiare, la scuola e invogliare i giovani alla lettura, affinché grazie alle parole possano difendersi da una condizione che potrebbe renderli estremamente vulnerabili. Le parole sono il bene più prezioso di cui la società dispone. Un bene da salvaguardare per cui il linguista di Torre Annunziata, di cui ricorrono i novant’anni dalla nascita, non ha mai smesso di battersi nel suo percorso. Un percorso affrontato con entusiasmo e passione. Una passione incrollabile che lo ha accompagnato in ognuno dei ruoli eminenti che è stato chiamato a ricoprire: docente di Filosofia del linguaggio e Linguistica generale all’Università Sapienza di Roma, direttore della collana ‘’Studi linguistici e semiologici’’, Presidente della Società di Linguistica Italiana, sino a diventare ministro della pubblica istruzione dal 2000 al 2001 nel governo Amato II.

Massimo esponente della scuola linguistica romana di cui il capofila fu il suo maestro Antonino Pagliaro, ha dato vita a opere brillanti e incisive. Distanti da quel politichese che deturpa la comunicazione italiana: dalla sua ‘’Storia linguistica dell’Italia  unita’’, sino all’Introduzione al ‘’Corso di linguistica generale’’ di Ferdinand de Saussure’’ passando per ‘’La scuola e il linguaggio’’ a ‘’Guida all’uso delle parole’’, non ha mai fatto venire meno il suo spirito critico, capace di esaminare minuziosamente le problematiche del nostro Paese.

Guida all’uso delle parole

Nel suo ‘’Guida all’uso delle parole’’, in maniera lungimirante, sottolineò che «parlare non è necessario. Scrivere lo è ancora meno». Ergo, quando lo si fa, è bene essere estremamente attenti. Attenti verso il proprio interlocutore e verso quella scrittura alfabetica che lui stesso ha definito «una vera, grande e pacifica rivoluzione». Una rivoluzione incentrata su ventuno lettere, grazie a cui oltrepassare barriere e creare ponti. Ponti che possono arginare la violenza, che possono essere in grado di rischiarare un’attualità sempre più cupa.

Dalla sua scomparsa, sono passati cinque anni, segnati da una pandemia e da un guerra ancora in corso. Cinque anni in cui è venuta a mancare l’umanità di un intellettuale che, come detto nell’introduzione del suo ‘’Linguaggio e società nell’Italia d’oggi’’, non hai mai smesso di ricordare che «abbiamo il diritto e il dovere tutti insieme di capirci e farci capire con le stesse parole, per sperare in un nuovo giorno». Un nuovo giorno per il quale non bisogna mai cessare di battersi, valorizzando proprio le parole. Perché, come da lui stesso affermato nel saggio ‘’La lingua batte dove il dente duole’’ in collaborazione con Andrea Camilleri, la distruzione del linguaggio è la premessa a ogni futura distruzione.