Iran, l’Onu omaggia Raisi e offende gli iraniani

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Iran, l’Onu omaggia Raisi e offende gli iraniani

Foto di Dania Ceragioli

Il tributo delle Nazioni Unite al Presidente dell’Iran è letto come uno schiaffo ai diritti umani, agli iraniani e alla giustizia internazionale.

Vergogna. È questa la parola che moltissimi iraniani all’estero, e non solo, continuano a usare per descrivere l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 30 Maggio. In quella assemblea infatti è stato reso omaggio alla memoria del Presidente dell’Iran, Ebrahim Raisi, morto in un incidente in elicottero il 19 Maggio assieme al Ministero degli esteri Hossein Amir-Abdollahian.

Una commemorazione che ha ferito e indignato molto gli iraniani perché, ancora una volta, si sono sentiti traditi dalle sedi istituzionali, in questo caso le Nazioni Unite deputate alla pace e alla democrazia. L’organizzazione delle Nazioni Unite invece che essere solidale con il popolo iraniano che lotta da anni per far cadere la Repubblica islamica e ricordare le migliaia di vittime innocenti morte per mano del regime, ha preferito rendere omaggio a chi, fino all’ultimo giorno della sua vita, ha promosso una politica di sangue e terrore, mi riferisco a Ebrahim Raisi.

Narges Mohammadi si schiera contro la cerimonia

Narges Mohammadi, premio Nobel per la pace, ha fortemente criticato la cerimonia commemorativa, scrivendo dalla prigione di Evin in cui è detenuta: 

«Quando i governi del mondo mettono nella storia dell’Iran un flagrante violatore dei diritti umani e un macellaio, che fino alla sua morte è stato uno strumento di repressione di una nazione, come se avessero perso una persona democratica e amante della pace, non ci si dovrebbe più aspettare che dittatori, oppressori, violatori dei diritti umani, torturatori e carnefici portatori di morte non emergano in altre parti del mondo. 

Perché vedono e hanno la certezza che il giorno della loro morte, la bandiera delle Nazioni Unite sarà a mezz’asta, e i politici e gli statisti del mondo porgeranno le loro condoglianze, mentre le voci dei manifestanti indifesi e oppressi si scontreranno con il muro delle “relazioni diplomatiche”. e i “precedenti” degli Stati.

Aprire le porte delle Nazioni Unite come rifugio per le nazioni per commemorare Raisi significa, di fatto, chiudere le porte dolorosamente rotte della base dei diritti umani in questa organizzazione globale, cosa di cui mi rammarico profondamente».

Chi era Ebrahim Raisi

Era il 1988 (1367 nel calendario persiano) e a seguito di una fatwa lanciata dall’Ayatollah Ruhollah Khomeini nel luglio di quell’anno migliaia di prigionieri politici vennero condannati a morte (si parla di oltre 8.000 esecuzioni). Un fatto che verrà ricordato come: “un atto di violenza senza precedenti nella storia iraniana”.  Ebrahim Raisi, soprannominato il “Macellaio di Teheran”, è stato tra i protagonisti di questo massacro, essendo un membro del “Comitato della morte”. Recatosi nei penitenziari di Evin e di Gohardasht interrogò uno ad uno i prigionieri chiedendo loro se avessero intenzione di pentirsi e diventare dei collaboratori. Quelli che si rifiutarono di pentirsi, collaborare o negare la propria credenza e appartenenza politica furono mandati alla forca.

In qualità di membro del Consiglio di sicurezza nazionale dell’Iran è stato inoltre coinvolto nell’abbattimento del volo PS752 nel 2020. 

Politiche sanguinarie che si ripeteranno anche durante la sua Presidenza (2021-2024) in cui si è registrato:

– l’aumento delle esecuzioni dopo processi farsa e dell’uso della pena di morte contro manifestanti e attivisti pacifici (nel 2023 l’Iran ha giustiziato almeno 834 persone – fonte Iran Human Rights e Together Against the Death Penalty)

– Una repressione violenta e arresti di massa di manifestanti e attivisti pacifici

– Tortura e abusi sui prigionieri politici, compresi donne e bambini 

– Aumento della persecuzione delle minoranze religiose ed etniche (beluci, kurdi, baha’i)

Gli interventi dell’Assemblea Generale

È Dennis Francis, Presidente dell’Assemblea Generale, il primo a intervenire e a invitare al minuto di silenzio per commemorare il defunto Presidente Raisi e il Ministro degli esteri. La sala appare semi vuota, sono vari infatti i Paesi che hanno deciso di non partecipare a questa celebrazione, tra cui anche gli Usa e moltissimi Paesi Europei.

«Nel corso della sua carriera, Sua Eccellenza il Presidente Raisi ha ricoperto ruoli significativi nella società e nel governo iraniani e, in qualità di Presidente, ha guidato il contributo del suo Paese alla definizione dei principi del nostro sistema multilaterale e della cooperazione internazionale» ha detto Francis al termine del minuto di silenzio, rivolgendo anche un pensiero a Hossein Amir-Abdollahian, definito da Francis «un diplomatico esperto, che ha fedelmente affiancato il presidente Raisi nel rappresentare l’Iran sulla scena globale».

Ricordiamo a proposito che il Ministro degli esteri (esattamente come ogni rappresentante della Repubblica Islamica) sosteneva e incoraggiava le ideologie e le condotte violente del regime; era inoltre sostenuto dal Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche (IRGC) e aveva un “legame speciale” con la Forza Quds.

Dopo Francis è stato il turno di António Guterres, segretario generale. «Raisi ha guidato l’Iran in un momento difficile per il paese, la regione e a livello globale» assicurando il popolo iraniano che le Nazioni Unite sono al loro fianco “nella ricerca della pace, dello sviluppo e delle libertà fondamentali” ha dichiarato Guterres.

Frasi, queste, che suonano stonate e alquanto agghiaccianti se inserite durante il tributo a chi i diritti umani li ha sempre violati e calpestati. Già in queste dichiarazioni infatti sembra essersi smarrita una parte di storia, pare che quanto accaduto nel 1988, nel 2020 e più recentemente, nel 2022 con l’uccisione di Jina Mahsa Amini, non sia mai esistito e intenzionalmente si ignori di affrontare la tragica realtà dei fatti.

Successivamente ha parlato a nome delle Nazioni africane l’ambasciatore del Burundi, Zéphyrin Maniratanga, che ha elogiato Raisi definendolo un «leader distinto e visionario che ha dedicato la sua vita al servizio della sua nazione e alla promozione della cooperazione internazionale, in particolare con i paesi africani». Non un caso considerato che l’Iran sta attuando una forte politica di soft power in Africa. 

È stato poi il turno di Marjorie Wells, diplomatica di Vanuatu e in rappresentanza del gruppo Asia-Pacifico, anche lei come chi l’ha preceduta ha riservato parole lodevoli alla figura di Raisi. «Il Presidente Raisi ha servito il popolo iraniano con grande dedizione e passione, lavorando instancabilmente per promuovere la crescita, la giustizia e il progresso. La sua leadership ha ispirato le nuove generazioni di iraniani e grazie alla sua dedizione e passione ha guadagnato il rispetto e l’ammirazione del suo popolo».

Wells che non è apparsa certo scarna di encomi, ha poi asserito che Raisi sarà ricordato come simbolo della speranza e del progresso e, sia lui che il Ministro degli esteri, non saranno mai dimenticati dalla società iraniana. 

Questo intervento di Wells di certo solleva indignazione e incredulità, soprattutto da parte di quei giovani iraniani della diaspora obbligati a scappare dall’Iran per evitare torture o condanne a morte.  Accostare la presidenza di Raisi ai giovani, e ai valori di giustizia e progresso stride…anche in considerazione del fatto che Amnesty aveva chiesto di condannare Raisi per crimini internazionali, il fatto inoltre che tutto ciò possa essere stato detto all’interno delle Nazioni Unite rende la vicenda ancora più incommentabile. Su una cosa però Wells ha ragione: sicuramente Raisi sarà ricordato…ma non certo per le qualità espresse dalla rappresentante ma purtroppo per ben altro.

Antonio Rodrigue, ambasciatore di Haiti, parlando a nome del gruppo America Latina e Caraibi (GRULAC), ha definito la morte di Raisi “una grande perdita” per l’Iran, cogliendo l’occasione per ricordare la carriera del Presidente Raisi.

Terminato questo intervento sarebbe stato il turno dei rappresentanti dell’Europa occidentale e orientale e degli Stati Uniti, ma non essendo presenti il presidente dell’Assemblea ha dato la parola all’Organizzazione della cooperazione islamica e al Movimento dei paesi non allineati.

Munir Akram, rappresentante del Pakistan presso le Nazioni Unite, e che ha parlato anche per l’Organizzazione della cooperazione islamica (OIC), dopo aver espresso le condoglianze verso tutti coloro che sono morti nell’incidente ha dichiarato che grazie  alla leadership di Raisi l’OIC è diventata una “forza più coesa per la pace, la sicurezza e la prosperità globale”. Un pensiero simile a quello espresso dal rappresentante dell’Uganda che parlando a nome del Movimento dei Non Allineati (NAM), ha sottolineato che Raisi e Amir-Abdollahian sono stati “fondamentali nel rafforzare la cooperazione tra i membri del NAM”. 

L’ultimo oratore, oratrice in questo caso, è stata la rappresentante del Qatar e del Consiglio di cooperazione del Golfo, che dopo aver espresso le condoglianze ha ricordato come Raisi abbia servito il suo paese, declamando: “Apparteniamo ad Allah e a Lui ritorneremo”.

A chiudere l’Assemblea è stato Amir Saeid Iravani, rappresentante della Repubblica islamica, che ha iniziato il suo commiato leggendo la Surah Al-Ahzab versetto 23 (33-23) del Corano. Un intervento, non serve precisarlo, con moltissimi riferimenti religiosi e lodativo, sia verso l’operato di Raisi che del Ministro degli esteri. «I leader sono stati per la Nazione simbolo di speranza, resilienza e di un potere solido espresso attraverso una buona governance e diplomazia» ha detto Iravani dopo aver fatto un lungo discorso dedicato alla figura del Presidente Raisi. Nel suo intevento inoltre è stata ricordata la partnership molto forte dell’Iran con l’Africa e l’America Latina, citando a proposito il lavoro del Ministro degli esteri.

A fronte di quanto esposto in questa Assemblea non si esagera se si afferma che questo tributo è stato letteralmente uno schiaffo al movimento “Donna-Vita-Libertà” e agli iraniani/e, che sono tanti sia dentro che fuori dall’Iran, che cercano di far cadere il regime teocratico e a promuovere i diritti umani e i valori di libertà e giustizia contro quelli di repressione e violenza perpetrati dalla Repubblica islamica. 

Uno schiaffo. 

L’ennesimo…