Afghanistan, le donne non possono ridere
11 Agosto 2022
Salman Rushdie, cosa c’è scritto nel suo libro e perché è stato pugnalato
15 Agosto 2022
Afghanistan, le donne non possono ridere
11 Agosto 2022
Salman Rushdie, cosa c’è scritto nel suo libro e perché è stato pugnalato
15 Agosto 2022

Maremma, in viaggio tra i butteri

La nostra fotoreporter Dania Ceragioli ha incontrato quelli del Marruchetone

C’è una stagione per ogni viaggio. Quando il sole punta in alto e rende i colori maggiormente dorati, creando un mistico silenzio sospeso solo dal vento che percuote e accarezza la terra, e questa, in un soffio di cipria trasparente, sale, per poi ridiscendere, attutire e ritardare il passo, allora la stagione è quella giusta per arrivare in Maremma. Una terra antica dal fascino semplice che ha saputo dimostrare come gli uomini e la natura possano vivere assieme in armonia, rispettandosi. Un tempo i contadini pare urlassero a queste terre per scacciare la malaria, per alleggerire il durissimo lavoro, per propiziarsi i raccolti. Una vita simbiotica che ha premiato nel tempo cambiando il volto di questo luogo, regalando semine e itinerari in una natura di sconvolgente bellezza. Anche l’opera dell’uomo è stata sapientemente modellata in armonia con l’ambiente circostante, che ne ha rafforzato e ampliato l’effetto. Dalla macchia fitta di follirea, mirto, lentisco, erica che cresce attorno all’antico borgo di Scarlino, nella Maremma grossetana, dove il tempo pare essersi fermato, (ancora si vedono sorprendentemente chiavi pendere dalla serratura della porta di casa perché qua sono in pochi a preoccuparsi di chiudere l’uscio), si vedono spesso sbucare ombre massicce, pesanti, sono i cinghiali, signori e padroni del posto. Sono incontri fugaci, che avvengono in un attimo, due occhi tondi e gialli che scrutano, il respiro che si ferma e poi via la boscaglia si richiude con le sue braccia al loro passaggio, facendoli entrare in questa massa impenetrabile che anche i carbonai percorrevano sfidando la legge. Poco a poco la macchia degradando inizia a far spazio al padule e alle Costiere di Scarlino, un’oasi di protezione faunistica dove in un batter d’ali spiccano il volo dall’acqua rare specie di uccelli che migrano dall’Africa. Quando il maestrale batte sui canneti scuotendoli e facendoli ondeggiare, gli avvistamenti sono facilitati.


Qua si viene per osservare la natura come era e come dovrebbe essere. In questi oltre mille ettari di terre, vivono alcune specie a rischio estinzione. L’aria qua è pesante quasi palpabile, la palude si fa sentire con le sue acque salmastre che si insinuano cambiando la struttura della terra che si trasforma in fango e in alga. Il paesaggio, a mano a mano che si avanza, muta ancora, presentandosi con lunghe file di cipressi intenti a orlare le lunghe strade bianche che portano a antichi casolari o verso aziende agricole. Procedendo, l’aria diventa più leggera e la terra, che continua a bruciare, si apre alla campagna punteggiata da immensi covoni di fieno e trapuntata da ampi prati, dove mandrie di mucche maremmane dalle corna lunate e dal manto rossastro, concentrate in un pascolo solitario, si confondono con il colore del suolo ricco di minerali. 

Chi sono i butteri

In questa natura country vi si trovano genti e mestieri altrove scomparsi o finiti nel folklore e nella letteratura locale. Pinottolai, carbonai, ma soprattutto butteri: lavori che si intrecciano con l’identità di questa terra così dura, così forgiante, ma così autentica. La vita media in Maremma fino al 1840 non arrivava a venti anni a causa della forte incidenza malarica. La malaria, fortunatamente, è stata debellata e ai cowboy nostrani è affidato il compito di mantenere vive, perpetrandole, le tradizioni insegnate dai loro padri. Si parte presto al mattino scegliendo la ”bardella”, la comoda sella della zona, per andare a “parare”, che, nel dialetto locale, significa “accudire”, “sorvegliare”, “inseguire il bestiame”. Il lavoro oggi è cambiato e si svolge prevalentemente nei recinti delle fattorie, dove il bestiame deve essere controllato, contato, spostato, marchiato. Ma far entrare nei recinti il toro maremmano con le sue poderose e minacciose corna, con un peso che può raggiungere dodici quintali non è né un lavoro semplice né un lavoro che possa essere improvvisato. Sono richiesti gesti antichi, quasi dei rituali magici, esperienza, pazienza e connessione completa con l’animale e il suo habitat. Qua infatti il motto recita: “ruba con gli occhi e impara con il tempo”. Una volta, questa figura di uomo a cavallo rivestiva un ruolo quasi eroico negli acquitrini, dove, abbandonati, vagavano migliaia di capi di bestiame brado, che con resistenza, agilità, equilibrio, e coraggio dovevano essere radunati. Seppure ancora oggi queste doti restano necessarie, l’atmosfera che si respira trascorrendo qualche ora in loro compagnia è del tutto giocosa.  Parlando con alcuni di loro, ovvero con “i butteri del Marruchetone”, si apprende che, ormai, la figura del buttero tradizionale non esiste più e che questo è divenuto un lavoro a cui ci si dedica esclusivamente per passione. Un mestiere legato a filo doppio con il territorio, con la sua storia fatta di transumanze rese necessarie non solo dalla ricerca di nuovi pascoli ma anche e soprattutto per sfuggire alle malattie che infestavano la zona. “Sempre più persone – ci racconta Marco – sono interessate a scoprire le nostre tradizioni, e per avvicinarle abbiamo deciso di istituire dei piccoli spettacoli in cui si illustrano tutte le fasi del lavoro svolto in fattoria, gli attrezzi utilizzati, o in cui si descrivono le qualità del cavallo maremmano.


Non mancano comunque i giochi come quello della “Rosa” (In tempi passati questa competizione veniva svolta in primavera, quando sbocciavano le rose. Ciascuna squadra viene contraddistinta dal colore della rosa legata al braccio destro dei suoi cavalieri. Il gioco consiste nello sfilarla all’avversario per poterlo eliminare, rimanendo in un quadrato ben delineato e rispettando alcune regole prestabilite. A vincere sarà la squadra che avrà eliminato il maggior numero di mandriani della squadra avversaria) perché – ci dice sorridendo – pure i butteri amano divertirsi”.

I butteri visti dal New York Times

Anche il New York Time ha celebrato questi uomini venuti dai campi, dedicandogli un lungo articolo in prima pagina rievocando le gesta e contrapponendo le qualità con quelli made in Usa. Una storia del secolo scorso ci riporta invece alla memoria una storica sfida tra cowboy americani e butteri pontini, William Frederick Cody o più semplicemente Buffalo Bill divenuto eroe nazionale dopo un breve corpo a corpo con il capo indiano Mano Gialla trovandosi in Italia per uno dei suoi spettacoli raccolse la sfida lanciata dal duca Onorato Gaetani di far sellare e domare cavalli americani dai suoi uomini cercando di non farsi sbalzare dalla sella. Nessuno si sarebbe aspettato che i butteri italiani nella persona di Augusto Imperiali potessero vincerla. Pare che il leggendario Buffalo a causa dell’inaspettata sconfitta, peraltro non onorata, se ne andasse velocemente dal bel paese ritornandoci negli anni a venire una sola volta, e non passando mai più da Roma.