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Elezioni in Russia: Putin e il suo regno

Le presidenziali del 15-17 marzo non dovrebbero riservare molti colpi di scena. Putin, in carica da 24 anni, è in corsa per un quinto mandato e potrebbe rimanere al potere fino al 2036. Vediamo anche chi sono gli altri candidati.

Si avvicinano le elezioni presidenziali in Russia del 15-17 Marzo, e anche queste come le presidenziali avvenute anticipatamente in Azerbaigian, non dovrebbero riservare molti colpi di scena. A dirigere i giochi, il consenso e il potere, dall’alto del Cremlino, è Vladimir Putin. Grazie alla riforma costituzionale da lui voluta e proposta dal Parlamento nel Marzo del 2020, e approvata con ampio consenso da un referendum tenutosi nell’estate del 2020, Putin, in carica da 24 anni, è in corsa per un quinto mandato e, proprio grazie a questa riforma, ha diritto a chiedere altri due mandati di sei anni, di conseguenza potrebbe rimanere al potere fino al 2036. 

Per il sovrano più longevo della Russia dai tempi del dittatore sovietico Joseph Stalin, vincere queste elezioni si prospetta una sfida facile, anche perché a concorrere contro di lui non ci sono reali oppositori e la stampa e il dissenso sono, ormai da più di 20 anni, imbavagliati e violentemente repressi.

Certo, con la morte del suo più grande oppositore, Aleksej Naval’nyj, sicuramente le voci di dissenso si sono riaccese e la voglia di farsi sentire è, ad oggi, ancora più forte. A guidare queste voci di opposizione è Julija Naval’naja, vedova del dissidente, che in un video condiviso su YouTube ha lanciato l’appello di esprimere un voto di protesta annullandola scheda elettorale scrivendo ‘Navalny’.

Quanto sarà accolto questo appello lo vedremo il 17; al momento però, secondo le statistiche diffuse da Levada Center (organizzazione russa indipendente e non governativa, e catalogata come agente straniero dalla Federazione Russa), il Presidente Putin nel Febbraio 2024 aveva un indice di gradimento che si aggirava intorno all’80%. Considerati i dati, dunque, si può dire, che Putin non teme affatto queste elezioni, motivo per cui si presenterà come candidato indipendente, senza quindi affiliarsi ad alcun partito politico, nemmeno Russia Unita, partito già peraltro snobbato da Putin nelle elezioni del 2018.

Gli altri candidati: chi sono

Una cosa è certa: gli altri 3 candidati alle elezioni presidenziali (Vladislav Davankov, Nikolai Kharitonov e Leonid Slutsky) non possono essere considerati avversari di Putin; infatti nessuno di questi ha ostacolato mai le politiche del Cremlino, e tutti e tre sostengono, e hanno sostenuto, la guerra in Ucraina. Mentre è andata diversamente per i veri oppositori; escludendo Naval’nyj, deceduto il 16 Febbraio, proprio poco prima di queste elezioni, a essere messi al bando da queste votazioni sono stati due candidati dell’opposizione: i pacifisti Boris Nadežhdin e Yekaterina Duntsova. 

A Boris Nadežhdin è stato impedito di candidarsi in quanto dalla CEC (The Central Election Commission of the Russian Federation) gli è stato contestato di non aver raggiunto le 100.000 firme necessarie per potersi candidare; cavilli tecnici quindi per l’ex deputato della Duma di Stato presentatosi come indipendente del Partito di Iniziativa Civica.

Nadežhdin, che in passato è stato candidato con l’Unione delle forze di destra alle elezioni della Duma regionale di Mosca e alle primarie con il partito al potere Russia Unita, è sempre stato un netto e chiaro oppositore della guerra in Ucraina, e ha registrato, informa la CNN, alti consensi e supporto in particolare tra i russi della diaspora che dall’estero(ma anche dalla Russia) hanno firmato poiché potesse partecipare a queste elezioni.

Sorte simile è toccata ad un’altra pacifista Yekaterina Duntsova, anche per lei la CEC ha riscontrato errori nei documenti di registrazione del suo gruppo elettorale; inoltre Duntsova, dopo poco aver presentato la sua candidatura è stata arrestata dalla polizia stradale e sottoposta a test antidroga casuali (va detto che le accuse di droga sono spesso usate dal regime russo per fabbricare false accuse). 

Per quanto riguarda invece i tre candidati sono: Vladislav Davankov, vicepresidente della camera bassa del Parlamento, la Duma di Stato, e deputato del partito politico New People, un partito fondato da suo padre nel 2020; Nikolai Kharitonov, il candidato ufficiale del Partito Comunista e membro della Duma di Stato, e Leonid Slutsky, leader del Partito Liberal Democratico (LDPR) ultranazionalista fedele al Cremlino e “anti Occidente”.

Elezioni illegittime e clima repressivo

In una dichiarazione congiunta rilasciata il 19 Febbraio i ministri degli Esteri di Estonia, Lettonia e Lituania, hanno denunciato: «Lo svolgimento delle elezioni russe nei territori dell’Ucraina temporaneamente occupati e annessi illegalmente costituisce una grave violazione del diritto internazionale, della Carta delle Nazioni Unite e dell’indipendenza, della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina. Non riconosciamo e non riconosceremo lo svolgimento di tali elezioni né i loro risultati nei territori dell’Ucraina temporaneamente occupati e annessi illegalmente dalla Russia». I Paesi baltici della NATO dunque sostengono l’indipendenza dell’Ucraina e, di conseguenza, come si legge nel comunicato anche della Crimea, di Kherson, di Zaporizhzhia, del Donetsk e del Luhansk, definendo queste elezioni illegittime.

C’è da ricordare inoltre che le presidenziali avvengono in concomitanza con l’anniversario dell’annessione della Crimea alla Russia (20 Febbraio – 21 Marzo 2014), e non è certo un caso che Vladimir Putin abbia scelto questa data per le votazioni. 

Ad aumentare i dubbi circa la scarsa legittimità e la poca, nulla, trasparenza di queste elezioni, è anche il fatto che sarà data la possibilità di votare online, e che gli elettori lavoratori nel settore statale saranno geolocalizzati. In merito Radio Farda (ma anche Meduza) comunica che il gruppo indipendente di monitoraggio elettorale Golos, bandito in Russia, ha riferito che il partito Russia Unita ha creato un progetto chiamato GEO-SMS con lo scopo di controllare l’affluenza alle urne degli elettori del settore statale; come già raccontato per quanto successo con le elezioni farsa in Iran, anche in questo caso i cittadini sono altamente sorvegliati, e per chi non vota (soprattutto se lavoratori statali) potrebbero esserci conseguenze molto poco gradevoli.