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Tunisia, addio ai bagliori da Primavera araba

Tra Saied ed Ennahda, il Paese è in grandissima crisi

di Simone Cataldo

La Tunisia, al centro di mille dibattiti nell’ultimo mese, rimane nelle mani di Saied che prolunga la sospensione delle attività parlamentari. Pertanto, in questa fase l’informazione ricopre un ruolo fondamentale, ma la stessa prende pieghe diverse, a seconda dei Paesi da cui si diffonde.

A volte la libertà d’espressione e i fatti realmente accaduti vengono oscurati dalla politica interna di un determinato Paese, molto spesso gli stessi vengono calpestati nonostante una dichiarata democrazia. Questo accade per evitare che si tocchino tasti dolenti di una società oppure perché si è molto superficiali nel momento in cui si raccontano le dinamiche di nazioni considerate fuori dall’interesse del grande pubblico. È il caso della Tunisia: da un lato, l’informazione operata in Occidente e, su quello opposto, quella locale e quella diffusa anche da piccole realtà del nostro Paese. Entrambe le fazioni convinte delle proprie idee si confrontano di rado, in quanto i temi non sembrano interessare l’opinione pubblica media, ma soprattutto perché la seconda trova uno scarso riscontro in quanto sostenuta da realtà minori. 

Dalla “Primavera araba” alla Tunisia di oggi

A distanza di anni dall’unica “Primavera araba” che si concluse con un esito positivo e che portò la Tunisia ad esser considerata come uno degli Stati africani più all’avanguardia a seguito dell’annuncio della democrazia, ora le speranze e i sogni dei tunisini sembrano svanire. Ma cosa ci viene raccontato di tutto ciò? Di certo sappiamo che il 25 luglio scorso Kais Saied, Capo dello Stato tunisino, ha deciso di sospendere per trenta giorni il Parlamento e dunque le sue attività, licenziando tutti i suoi collaboratori, assumendosi le piene responsabilità del Paese e attribuendosi autonomamente l’intero potere esecutivo. Le cause? Poche ore prima della storica data che ricorda l’anniversario della Repubblica tunisina, il Paese è teatro di lunghe manifestazioni popolari di protesta per la condizione in cui versa la nazione. Ad acuire il tutto è stata, in realtà, la mala gestione della pandemia da Covid-19 che, oltre ad avere creato gravi difficoltà alle persone a seguito di perdita di posti di lavoro e chiusure di molte aziende, vede le stesse incapaci di trovare la luce in fondo al tunnel, in quanto la campagna di vaccinazione risulta lenta e ad oggi non conta nemmeno un quarto della popolazione immunizzata.

Questo ci viene raccontato dai due principali filoni dell’informazione. Ma su quali punti c’è una netta distanza?

Il racconto “occidentale”

Che Kais Saied non fosse l’uomo più democratico o più a sinistra del parlamento si sapeva e non basta un pugno chiuso esposto alla folla o esser definito “costituzionalista”, per annichilire quanto di negativo fatto dal personaggio in questione. Basti pensare alla battaglia contro l’omosessualità tenuta negli anni passati o alla scellerata decisione di far insediare alcuni corpi armati all’interno della redazione di Al Jazeera, emittente televisiva con maggiore riscontro nel Paese africano. Solo per questi due esempi risulterebbe incomprensibile definire “di sinistra” un individuo che calpesta diritti umani e limita la libertà di stampa. Il Capo di Stato lo si può definire al centro dei due estremi, almeno per quanto ha dimostrato e fa, al momento, per la Tunisia. Ma non è così per l’informazione occidentale che vede decine di opinionisti definirlo uno di estrema destra, a seguito delle scelte prese. Per accentuare tale posizione si è quasi del tutto ignorato il dibattito sul famoso “articolo 80” presente nella Costituzione tunisina oppure, come accaduto nella maggior parte dei casi, si è fatto leva sulle accese proteste che sono seguite allo scioglimento delle attività parlamentari. Insomma, sotto questo punto di vista, Kais Saied pare che sia intenzionato, con la forza e con le armi, a dar vita ad un nuovo governo estremista che metta a tacere la democrazia tunisina e il processo democratico che vede ancora la Tunisia come un cantiere aperto. Perché sì, parliamo di una nazione democratica, ma la sua giovane età porta a galla diverse criticità, prima di tutte l’assenza di un’istituzione come la Corte Costituzionale, unica forza che si sarebbe potuta opporre e che avrebbe potuto ribaltare le decisioni di Saied che ora fa da sé, approfittando di questa inottemperanza.

Le verità” che arrivano da fonti esterne

Se solo si provasse a cercare Tunisia sulla barra di ricerca di Google, oltre alle notizie delle ultime ore relative a vaccini e immigrazione, sarebbe molto facile imbattersi negli articoli dei maggiori portali d’informazione italiani, con contenuti molto simili a quelli da noi riportati in precedenza. Trovare posizioni e notizie che si distacchino da questa versione è molto difficile. Eppure esistono. In base a queste di può citare subito Ennahda, il partito di sinistra moderato (non poi tanto) che ha portato avanti il processo di democrazia in Tunisia a partire dal 2010 e che tutt’oggi rappresenta la maggioranza politica del Paese grazie a 52 seggi al Parlamento. Ma da allora poco è davvero cambiato in Tunisia e a testimoniarlo è un milione e mezzo di voti che il partito ha perso dal 2014 ad oggi. Per molti, infatti, Ennahda ha approfittato di questo processo di democratizzazione tanto desiderato dal popolo per arrivare a tenere le redini del Paese e imporre un modello islamista. Infatti, tra chi protesta c’è anche chi condanna quanto fatto negli anni proprio da parte di chi era stato votato. La povertà e la disoccupazione portano migliaia di tunisini in Europa che, come i loro “fratelli” subsahariani, decidono di affrontare il mare aperto, pur di dire addio definitivamente al degrado e alla miseria. È dunque chiaro che già da un po’ si era tornati al punto di partenza. Ennahda nel corso degli anni non ha mantenuto le promesse “democratiche”, soprassedendo più volte su riforme che avrebbero portato linfa vitale ad un popolo che ne necessitava.

Si tratterebbe, perciò, di un fallimento democratico voluto da parte di chi ha guidato il suo popolo verso la democrazia. A far intendere ciò sono anche le manifestazioni popolari che hanno visto molta gente appoggiare Kais Saied per quanto fatto e, soprattutto, per essersi messo contro Ennahda. Lui ha accusato il partito per la morte di due attivisti di sinistra che avevano denunciato come la fazione politica stesse applicando un «un macabro disegno politico, societario, culturale e religioso volto a riportare il Paese nordafricano indietro di quattordici secoli, istituendo un califfato islamico basato sulla sharia». E non solo, vi ricordate dell’articolo 80? Grazie a questo, Saied, in quanto Capo dello Stato, ha la facoltà, in caso di gravi condizioni del Paese, di assumerne il totale controllo per poter portare lo stesso verso un nuovo governo. Per trenta giorni soltanto, ma come già detto è assente la Corte Costituzionale, perciò Saied ha pensato bene di prorogare le decisioni dello scorso 25 luglio fino a nuovo ordine.

E ora?

Tra queste diverse letture della situazione, di una cosa siamo certi: la Tunisia è in una grandissima crisi. A testimoniarlo sono anche i dati degli sbarchi sulle nostre coste da parte di persone provenienti dalla Tunisia, con il passaggio dai poco meno di 900 di giugno che sono diventati oltre 3 mila a luglio e qualcosa in meno nel mese di agosto.