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17 marzo 1991, la caduta del Pibe de Oro: chi volle sbarazzarsi di un campione scomodo?

Ad un anno dalla scomparsa di Maradona il libro inchiesta “L’idolo infranto” ripercorre le tappe che portarono alla sua squalifica per doping

di Paolo Trapani 

Oggi, 25 novembre, è un anno esatto dalla morte di Diego Armando Maradona. Tantissime sono le iniziative organizzate per ricordarlo, a Napoli come in Argentina e in tutto il mondo. Papa Francesco in persona celebra una messa in suffragio del Pibe de Oro all’interno della Basilica di San Pietro a Roma. Tanti sono i libri che, in occasione del triste anniversario, si possono trovare sugli scaffali e raccontano il personaggio e il calciatore, il genio e la sregolatezza di una figura storica unica, tanto sul campo di calcio quanto fuori dal rettangolo di gioco.

1991: la squalifica di Dieguito 

Il 17 marzo 1991 Diego Armando Maradona giocò la sua penultima partita in Serie A con la maglia del Napoli (l’ultima avrebbe dovuto esserci domenica 24 contro la Sampdoria). Dopo 7 anni di trionfi, meraviglie e magie calcistiche di ogni tipo, quella domenica di primavera, nello spogliatoio dell’allora stadio San Paolo, segnò la fine di un’epoca. Maradona fu sottoposto al controllo antidoping e risultò positivo: da lì si determinò l’inevitabile iter che portò alla sua squalifica con conseguente fuga dall’Italia. A 30 anni da quei fatti, un interessante libro di inchiesta ripercorre le tappe che portarono alla squalifica del calciatore, dal controllo antidoping al clamoroso esito dello stesso.

L’inchiesta giornalistica 

“L’idolo infranto – chi ha incastrato Maradona?”: è questo il titolo dell’opera edita da Ponte delle Grazie e scritta dal giornalista Marcello Altamura. Nelle 184 pagine dell’opera si raccontano con grande acume e capacità di sintesi i 7 anni di Maradona a Napoli, dal suo arrivo il 5 luglio 1984, davanti ad uno stadio stracolmo di tifosi accorsi solo per accogliere il campione e vederlo fare qualche palleggio, alla domenica del marzo ’91 che segnò la caduta sportiva di Dieguito

Un controllo anomalo

Così viene definito nel libro il paragrafo dedicato alla ricostruzione di quello che avvenne dopo il match Napoli-Bari del 17 marzo 1991. Dal sorteggio dei calciatori da sottoporre al controllo, alla gestione dei vari campioni di urina, fino alle modalità seguite per trasferite le provette al laboratorio Coni a Roma: tutte le fasi e le procedure seguite dall’antidoping vengono scrupolosamente ricostruite. E le zone d’ombra non mancano. Maradona aveva effettuato test privati prima di quel match casalingo al San Paolo e l’esito, negativo, lo aveva messo al riparo da qualsiasi preoccupazione. 

Positivo alla cocaina 

L’esame ufficiale del test invece fu opposto e inequivocabile: il calciatore risultò positivo ai metaboliti della cocaina. L’iter della giustizia sportiva fu velocissimo. Appena giunte le controanalisi (28 marzo 1991), Maradona venne sottoposto al procedimento e già il 2 aprile successivo arrivò la sentenza della disciplinare: 15 mesi di squalifica. Niente calcio per un anno e tre mesi. 

Dal primo controllo antidoping alla sentenza di condanna trascorsero appena 16 giorni: tutto normale? O tutto avvenne troppo in fretta? Le procedure furono trasparenti e prive di zone grigie? Queste sono alcune delle domande presenti nel libro che avanza più di un sospetto anche sulle procedure seguite in sede di controanalisi, ovvero il secondo step previsto dall’antidoping prima di ufficializzare l’esito definitivo dei controlli.

Il laboratorio del Coni a Roma

L’opera di Marcello Altamura approfondisce con dovizia di particolari quello che avvenne nel laboratorio dell’Acqua Cetosa a Roma. Per condannare Maradona furono decisive proprio le controanalisi. E più di un’ombra emerge dalla pagine dell’opera seguendone il racconto che svela particolari inquietanti. Uno soprattutto ruota intorno al macchinario utilizzato. L’apparecchiatura era immune da sospetti? Il libro accompagna il lettore dalla prima all’ultima pagina e svela dettagli che, a 30 anni di distanza, offrono una visione d’insieme molto diversa da quella che fu la narrazione dell’epoca. Emerge con chiarezza che, in quel preciso momento storico, qualcuno probabilmente decise che Maradona doveva chiudere bruscamente e tristemente la sua esperienza sportiva in Italia. Dopo 7 anni di magie, il campione doveva essere messo alla porta e sottoposto ad una gogna mediatica senza precedenti. Solo dopo molti anni Dieguito poté tornare in Italia, anche a causa di un lungo e travagliato contenzioso col fisco. Oggi il mondo, giustamente, ricorda e celebra Maradona, il più grande calciatore della storia, mentre la sua vicenda sportiva, soprattutto italiana, è ancora tutta da ricostruire e raccontare. Senza pregiudizi e senza verità di comodo. Come quelle propinate nel 1991 dopo un anomalo test antidoping.