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Big Bench, le grandi panchine sul bello del mondo

Una rete europea per i belvedere

di Antonella Testini

Farsi piccoli. Ritornare bambini per lasciarsi sorprendere dalla bellezza del mondo che ci circonda. È questa l’idea che ha ispirato la costruzione della prima Big Bench, la grande panchina dove farsi piccoli è condizione necessaria per ammirare posti che solo in apparenza pensiamo di conoscere. L’idea è nata nel 2010 dall’iniziativa di Chris Bangle, designer americano residente a Clavesana, per unire la creatività del team di designer alle eccellenze artigiane di quella zona del Piemonte compresa tra Asti, Alessandra e Cuneo, famosa per la produzione di vini di qualità.

Le Big Bench, infatti, sono pensate per diventare il simbolo della comunità che le ospita, della sua economia e delle sue tradizioni. Un progetto partito dal Piemonte e che in pochi anni si è sviluppato in molte regioni italiane superando anche i confini nazionali per arrivare in Scozia, Polonia e Paesi Bassi.

Al momento si contano 168 panchine ospitate per lo più tra Piemonte, Liguria e Lombardia, ma non mancano esempi nel Sud Italia come la Big Bench 89 istallata nella riserva Grotticelle di Monticchio, nel comune di Rionero in Vulture o come l’ultima arrivata al sud, prima in Puglia, la Big Bench 126 posizionata nel borgo di Dolcecanto a 8 km da Gravina in Puglia (Bari) per ammirare uno dei belvedere più incantevoli dell’entroterra murgiano, dove terra e cielo sembrano due infinite linee parallele che si abbracciano su un orizzonte molto lontano. Un luogo magico, da molti definito un paradiso, dove ci si sente perfettamente integrati nella natura, cullati dal dolce canto degli uccelli, di qui il nome della borgata, e circondati da colline colorate di campi di grano, vite, mandorli e ulivi.

L’idea geniale delle Big Bench basata sulla possibilità di ammirare il mondo, non accomodati in poltrona, ma su una panchina che per sua stessa natura significa socialità e condivisione, sta aiutando le piccole realtà locali a riscoprire antiche tradizioni, vecchi mestieri e soprattutto il piacere di passare del tempo completamente immersi nella natura.

Nel corso degli ultimi anni, altre panchine ufficiali sono state costruite, senza fondi pubblici e solo grazie a sponsor privati. Chris Bangle ha fornito gratuitamente disegni e indicazioni ai costruttori delle panchine, chiedendo come unica condizione che fossero poste in un punto panoramico, su un terreno accessibile al pubblico e che rispettassero lo spirito social con cui era nata la prima: non un’installazione privata, ma parte di un’esperienza collettiva che tutti possono condividere e sperimentare venendo in queste zone. E non è un caso che le iniziative intorno alle Big Bench mirano ad attirare non solo visitatori, a cui viene rilasciato un passaporto per continuare il viaggio alla scoperta delle altre Big Bench, ma anche residenti per riscoprire valori dimenticati quali la condivisione e la collaborazione tra gli appartenenti ad una stessa comunità.

«È una grande lezione nell’utilizzo dell’innovazione contestuale. Siamo così ossessionati dallo scoprire cose sempre nuove che spesso ci neghiamo l’interessante esperienza di sperimentare cose ben conosciute ma in un contesto diverso» ha spiegato l’ideatore presentando il progetto bigbenchcommunityproject.org (BBCP) ovvero la rete che unisce le grandi panchine per condividere iniziative e finalità. Salire su una Big Bench, spalancare le braccia e lasciare che l’aria ti accarezzi il viso mentre il cellulare segnala “assenza di campo” è una delle esperienze più necessarie in un momento difficile come quello che stiamo vivendo. E non solo per colpa della pandemia da Covid 19. Un sito internet dedicato e un app gratuita segnalano le Big Bench più vicine a noi, insieme ai luoghi da visitare e alla esperienze da fare.