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Bronzi di Riace, la scoperta 50 anni tra fama e mistero

Tante le contraddizioni e le ombre sul ritrovamento delle statue più famose del mondo 

di Paolo Trapani 

Tra pochi giorni, il prossimo 16 agosto, ricorre il cinquantesimo anniversario del rinvenimento ufficiale dei Bronzi di Riace, due statue risalenti al V secolo a.C. e dallo straordinario valore artistico e culturale. 

Due capolavori artistici 

Il primo miracolo delle statue fu rappresentato dal loro buono stato di conservazione nonostante fossero rimaste sott’acqua per almeno 2500 anni. Oggi le due opere d’arte si possono ammirare presso il Museo nazionale di Reggio Calabria e sono uno dei simboli della città di Riace e della Calabria nel mondo. 

Il secondo prodigio è che le due statue rappresentano due capolavori scultorei di epoca greca e trasmettono, a chi li vede da vicino, una straordinaria vitalità e forza.

Agosto 1972, ritrovamento e contraddizioni 

Nel Paese dei misteri, l’Italia, anche il ritrovamento dei Bronzi di Riace non è sfuggito all’ampia statistica dei casi più controversi e tipici della storia della nostra Penisola. 

La denuncia ufficiale fu depositata il giorno 17 agosto del 1972 (protocollo 2232 della Soprintendenza alle antichità di Reggio Calabria) a firma del sub Stefano Mariottini che dichiarava “di aver trovato il giorno 16, durante una immersione subacquea a scopo di pesca, in località Riace, 130 circa chilometri sulla SS Nazionale ionica, alla distanza di circa 300 metri dal litorale ed alla profondità di 10 metri circa, un gruppo di statue, presumibilmente di bronzo. Le due emergenti rappresentano delle figure maschili nude, l’una adagiata sul dorso, con viso ricoperto di barba fluente, a riccioli, a braccia aperte e con una gamba sopravanzata rispetto all’altra. L’altra statua risulta coricata su un fianco con una gamba ripiegata e presenta sul braccio sinistro uno scudo“. L’operazione di ripescaggio avvenne davanti a migliaia di curiosi. C’erano i Carabinieri sommozzatori di Messina, un solo archeologo, Pier Giovanni Guzzo, e lo scopritore ufficiale, il sub romano; assente invece il soprintendente Giuseppe Foti, partito in crociera dopo la segnalazione della scoperta nonostante la sua portata epocale. Dai dubbi e dalle ombre sulla scoperta, determinati da una doppia versione su chi effettivamente avesse rinvenuto per primo le statue, si aprì un caso giudiziario, poi chiuso nel 1977, dinanzi al Tribunale di Roma, che attribuì definitivamente il premio per il rinvenimento (125 milioni di lire) proprio al sub Mariottini, sebbene la sua denuncia scritta fosse arrivata solo nel pomeriggio del 17 agosto, preceduta, all’incirca a mezzogiorno, da quella di quattro ragazzi di Riace, Cosimo e Antonio Alì, Domenico Campagna e Giuseppe Sgrò. Decisiva, per il sub, fu la dichiarazione del soprintendente Foti che disse di essere stato “avvisato alle ore 21 del giorno 16”.

Quante erano le statue? E i corredi dove sono finiti? 

Trent’anni circa dopo il ritrovamento, nel 2005, Giuseppe Braghò, professore di Vibo Valentia, studiò i documenti rimasti chiusi nei cassetti della Soprintendenza e rilevò alcune incongruenze nella versione ufficiale del ritrovamento, arrivando poi ad ipotizzare che ci fosse almeno una terza statua e iniziando a cercare i corredi dei Bronzi. Scudi ed elmi erano stati segnalati anche nella relazione di Guzzo, l’archeologo che curò il recupero e che poi si corresse, attribuendo all’emozione il suo primo resoconto. La testimonianza di Anna Diano, proprietaria di un albergo di Siderno, rintracciata da Braghò nel 2007, contribuì poi all’apertura di una indagine della Procura di Locri.

La testimone disse di aver visto alcuni uomini con la muta da sub uscire dall’acqua trasportando un grosso scudo e una lancia spezzata mentre, a 300 metri, avveniva il recupero del primo bronzo. Nel frattempo, fra le carte della Soprintendenza in mano a Braghò, spuntava una segnalazione del 1981, in cui un trafficante di reperti rivelava del recupero di uno scudo di 65 kg avvenuto nei primi mesi del 1972 con l’aiuto di due pescatori “tacitati con 6 milioni di lire”, e della vendita per seimila dollari al Getty Museum di un altro scudo e di un elmo.

Ipotesi e ricostruzioni storiche 

Fra le ipotesi più battute, negli anni, c’è quella che vorrebbe che i due Bronzi ritrovati fossero solo una parte di un più importante carico di materiali archeologici destinati al mercato clandestino e l’assenza degli attributi (elmi, scudi, lance) sarebbe stata determinata da una prima spoliazione, più agevole, compiuta in attesa di pianificare il recupero ben più impegnativo delle enormi statue, alte quasi 2 metri e pesanti 160 chilogrammi. I Bronzi di Riace complessivamente potrebbero essere stati addirittura cinque e i due ripescati, fra il 21 e il 22 agosto del 1972, sarebbero stati parte di un gruppo che rappresentava la fase storica immediatamente precedente al duello fratricida fra Eteocle e Polinice, fratelli di Antigone, del mito dei Sette a Tebe, collegato con quello di Edipo.