Elezioni europee, una storia di astensionismo

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Elezioni europee, una storia di astensionismo

Trend della partecipazione in calo vertiginoso negli ultimi anni, consultazioni lontane dai cittadini, vediamo cosa è successo nel tempo.

Correva l’anno 1994, Silvio Berlusconi era sceso in campo da poco, vincendo le elezioni politiche (27 marzo), quando nel mese giugno si andò a votare per il nuovo Parlamento Europeo. In quell’occasione l’affluenza alle urne fece segnare un lusinghiero 73%. Non male. Oggi, a pochi mesi dalle elezioni europee dell’8 e 9 giugno prossimi, la partecipazione dei cittadini alle consultazioni è molto cambiata. 

Calo vertiginoso dal 1994 ad oggi 

In occasione dell’ultima elezione per l’Europarlamento, avvenuta nel 2019, l’affluenza è stata appena del 54,5%. Praticamente si registra un calo del 20% nel volgere di 30 anni. È un crollo devastante ed  un’involuzione clamorosa che si spera possa cambiare proprio in occasione della imminente scadenza con le urne comunitarie. La tendenza e l’umore generale però sono tutt’altro che confortanti. La partecipazione degli italiani alla vita politica è in calo da tempo; perfino le elezioni politiche, storicamente quelle più sentite e partecipate, segnano da tempo un calo strutturale. Difficile quindi che con le europee si possa invertire la rotta, anche perchè queste consultazioni da sempre sono avvertite come le più lontane dai territori e gli stessi eletti, sebbene scelti con preferenze dirette, sono poco rappresentativi, politicamente, delle comunità locali che li esprimono. 

Un paradosso tutto italiano, uno dei tanti della nostra vita politica. 

Cosa dicono i sondaggi

Stando alle ultime rilevazioni demoscopiche, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni potrebbe conquistare un 28,5% di voti su scala nazionale, avanti di 9 punti netti sulla rivale diretta, Elly Schlein, che alla guida del PD potrebbe ottenere un 19,5% di consenso: a soli tre punti più sotto si collocherebbe il M5S di Giuseppe Conte, dato in crescita al 16,1% nonostante le non esaltanti prove della lista alle ultime Regionali in Abruzzo. 

La Lega di Matteo Salvini pare possa recuperare terreno,  con un 9,1% davanti a Forza Italia di Tajani, accreditata a sua volta di un 6,8%. 

Più lontani, per ora, secondo i sondaggi più recenti, ci sono: Azione di Calenda al 3,9% appena davanti all’Alleanza Verdi-Sinistra al 3,3%, poi attardato Renzi con Italia Viva al 2,8%, subito dietro PiùEuropa 2,4%, infine Democrazia Sovrana Popolare 1,8%.

Elezioni atipiche, in passato tanti inattesi boom di consenso 

Storicamente le elezioni europee sono atipiche, perché è accaduto più volte che gli elettori premiassero questo o quel partito ben al di là delle più rosee previsioni della vigilia. Alcuni esempi: Forza Italia con Berlusconi a giugno 1994 conquistò un clamoroso 30%, quando appena il 27 marzo precedente, alle prime elezioni della sua storia, aveva raggiunto solo il 21%. 

Altro incredibile boom lo fece la lista Radicali/Emma Bonino quando nel 1999 prese un inatteso 8% (record assoluto per il partito fondato da Marco Pannella).

Più di recente si ricordano gli exploit di Renzi alla guida del PD (40% nel 2014) e Salvini con la Lega (34% nel 2019).

Non è campato per aria, dunque, ipotizzare boom imprevedibili alla prossima consultazione dell’8 e 9 giugno. Anche per questo Giorgia Meloni sta decidendo se scendere direttamente in campo o meno. Secondo gli esperti la sua diretta partecipazione nella contesa elettorale può far oscillare la lista di FdI anche di 3/4  punti percentuali. In pratica una marea di voti. 

Analogo discorso non varrebbe per la leadership democratica e pentastellata.