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L’istigazione al suicidio e i social

Il Cyberbullismo indica tutti gli atti di tipo offensivo e prevaricatorio perpetrati attraverso l’utilizzo dei social, delle chat e in generale di Internet

È questa la definizione di un fenomeno invisibile e silente, per questo talvolta “inafferrabile”, sempre più diffuso tra i giovani. Veri e propri atti di persecuzione che si manifestano tra i banchi di scuola, per lo più, e si espandono anche tra le mura di casa.

La diffusione della tecnologia limita l’autenticità dei rapporti umani inducendo a una costruzione fittizia e ritoccata del sé. Alcuno spazio in più allo sforzo umano di conquista, sforzo ed empatia verso l’altro. Social  può essere il “veicolo” per tale fenomeno sempre più allarmante in quanto causa di suicidio e disperazione tra i giovanissimi.

La pandemia e la conseguente reclusione hanno contribuito notevolmente a una maggiore aggressività da parte degli adolescenti: “non a caso, anche l’etologia ha spiegato cosa succede dopo una clausura anche di un animale.”, afferma Paolo Crepet. Secondo lo psichiatra il problema è a monte: se già tutto quello che offriamo a un bambino di 6 anni è il cellulare e dunque l’uso e la conoscenza della tecnologia, riduciamo la visione del mondo a quello.

Come diceva proprio Steve Jobs “la creatività è nella caffetteria”. «È lì che si incontrano le idee, è lì che si possono rubare e rinnovare. La conoscenza avviene con gli scambi, l’innovazione avviene con la capacità di copiare e far meglio, nelle università, nelle biblioteche, nei teatri».

L’invito di Paolo Crepet ai giovani è quello di essere curiosi, creativi, occupati. Ecco forse è proprio questa la parola-chiave “tenersi occupati” per l’altro, fare qualcosa per l’altro, aiutare l’altro e nell’egual misura “sé stessi”. Infatti l’assenza di tutto questo, di domande e di empatia rendono un giovane incapace di interessi e passioni che esprime attraverso “le mani”.

La tragedia a Gragnano

L’ultimo ma non ultimo caso di cyberbullismo è stato appreso pochi giorni fa a Gragnano dove un tredicenne si è gettato dal balcone della sua camera. Si è ipotizzata l’istigazione al suicidio da parte di 6 persone, autori di insulti e minacce rintracciati sul suo cellulare. Ci si chiede cosa si possa fare di fronte a delle giovani vite spezzate in preda alla disperazione e il tormento e l’inarrestabile violenza dei bulli. Crepet afferma che «occorre ritrovare il coraggio di punire, avere pratiche di severità e autorevolezza che non significa però la “galera”. È invece un servizio utile alla società. Bastano due giorni in un reparto di pediatria oncologica dove si vede la sofferenza, dove vedi una madre disperata.»

“L’adolescenza è un’età inquieta, e questo è magnifico”

Dunque è molto importante “ascoltare”, comprendere la storia personale o familiare di ciascuno che si vive o si è vissuta anche se non si è assolti. L’adulto, e in questo caso il professore, deve calarsi dall’altra parte e la Scuola come luogo di “rifugio”, riposo e soluzione ai problemi del giovane che ripone così un atto di fiducia in essa. 

Potrebbe essere solo un’utopia ma queste iniziative e questi laboratori di vita potrebbero essere intanto già sperimentati.