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Istituti tecnici, al via la legge di riforma pochi giorni fa

A un anno dal diploma, ha trovato lavoro il 79,9% dei diplomati Its

di Salvatore Baldari

Era stata la prima volta, nella storia della nostra Repubblica, che un Presidente del Consiglio inseriva, nel discorso programmatico davanti le Camere, un riferimento agli Its, cioè gli Istituti Tecnici Superiori, indicandoli come “pilastro educativo”.

Siamo a Febbraio 2021.

Mario Draghi chiede la fiducia al Parlamento per dare avvio al suo Governo e, consapevole dell’importanza della professionalizzazione dell’istruzione terziaria nel nostro Paese, individua proprio in una riforma degli Its un impegno da perseguire.

Ribadirà la sua attenzione verso questo mondo, anche alcuni mesi dopo, ad Ottobre, nella sua visita all’Istituto Cuccuvillo di Bari.

L’impegno è  diventato legge pochi giorni fa, il 12 Luglio 2022, prima del terremoto politico-adolescienziale che lo ha costretto alle dimissioni.

La misura approvata prevede una loro espansione, agevolando sovrapposizioni con le lauree professionalizzanti.

Attraverso i fondi del Pnr sono stati stanziati 1,5 miliardi di euro sino al 2026, con lo scopo di incrementare i percorsi formativi e favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Gli Its vennero istituiti in Italia nel 2007 e iniziarono le loro attività tre anni dopo.

Attualmente se ne contano nel nostro paese 117, distribuiti prevalentemente al Nord e al Sud, con una presenza inferiore nelle Regioni centrali del Paese.

Dai dati di un monitoraggio effettuato da Indire, ad un anno dal diploma, ha trovato lavoro il 79,9% dei diplomati Its, di cui il 90,9% in un ambito coerente con il percorso intrapreso.

Proprio il riequilibrio delle offerte formative è uno dei capitoli della legge approvata. Nel 2020 sono stati attivati oltre 260 percorsi relativi a sei aree tecnologiche, tuttavia non equamente distribuiti sul territorio nazionale.

Il neo costituito Comitato nazionale Its Academy, avrà compiti di coordinamento a livello nazionale delle azioni e delle linee programmatiche di sviluppo degli istituti,

promuovendo inoltre l’inclusione di genere. Le studentesse iscritte agli Its, infatti, sono il 27,6%, una percentuale inferiore persino di quella registrata nell’ambito universitario cosiddetto Stem, ovvero le scienze tecniche e matematiche.

La riforma disegna anche un sistema per l’accesso al finanziamento pubblico, imperniato su un meccanismo premiale legato alle quote di diplomati e del tasso di occupazione, con una quota extra, attribuita in base alla percentuale di studentesse.

Un meccanismo del genere è già applicato al sistema universitario e, va detto, tende a favorire prevalentemente gli atenei del Nord.

Almeno in questo caso, andrebbe immaginato un modello più perequativo, che tenga conto anche di altre variabili.

Infine, c’è il tema governance, che vorrebbe affiancare alla Conferenza dei Rettori delle Università italiani, i presidenti Its, fondamentalmente questi ultimi rappresentanti del mondo delle imprese.  

Per la prima volta, le aziende avrebbe la possibilità di partecipare ad un organismo decisivo nella formazione universitaria, con risvolti ancora difficili da prevedere.

La palla passa adesso a deputati e senatori, se gli attuali in carica o i prossimi è tutto da vedere, per i decreti attuativi che scioglieranno ogni dubbio e normeranno ogni dettaglio.