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Legge sul divorzio, più di 50 anni fa

Nel 1970 la legge sullo scioglimento dei matrimoni, nel 1974 si celebra il referendum per abrogarla, con la partecipazione dell’87,7% degli aventi diritto al voto: il 59,3% si espresse per il no e la legge rimase in vigore.

È il 1963 quando Pier Paolo Pasolini affronta per l’ennesima volta i tabù del Bel Paese. Gira l’Italia intervistando uomini e donne delle età ed estrazioni sociali più disparate su temi all’epoca considerati fortemente tabù. Le sue domande in prima persona sono volte a conoscere le opinioni sulla vita sentimentale e sessuale nelle varie sfaccettature, includendo questioni come prostituzione, omosessualità e divorzio. Lo spaccato che restituisce il documentario “Comizi d’Amore”, proiettato nel 1965 è quello di un’Italia contraddittoria, con forti differenze tra nord e sud, sostanzialmente tradizionalista e prigioniera dei pregiudizi tipici di uno Stato non emancipato, ma con al proprio interno le prime avvisaglie di quelle che saranno le conquiste dei diritti civili degli anni ’70.

L’Italia pre-divorzio

Fino all’approvazione della legge che istituisce il divorzio non esisteva legislazione che consentisse la regolamentazione di una separazione di fatto tra coniugi. Le eventuali nuove unioni e i figli nati da esse avranno riconoscimento e tutela giuridica solo con la riforma del diritto di famiglia del 1975. Fino ad allora, i coniugi riuscivano a separarsi ricorrendo all’annullamento del Tribunale della Sacra Rota, ma di questo istituto riuscivano ad usufruire quasi solo le classi sociali più abbienti, come sottolineerà Nino Manfredi in un celebre spot per il mantenimento della legge sul divorzio durante la campagna elettorale del referendum del 1974, raccontando in un misto di serietà ed ironia di colui che era riuscito a farsi annullare il matrimonio perché impotente, nonostante avesse quattro figli. Prima della legge Fortuna-Baslini, un disegno di legge istitutivo del divorzio (limitato ad alcune specifiche situazioni) verrà presentato alla Camera dal deputato socialista Sansone nel 1954, ma il tentativo andò a vuoto. Verrà ripresentato al Senato nel 1958 ma nuovamente non venne nemmeno discusso.

Il Partito Radicale, la Lid e la legge Fortuna-Baslini

In quegli anni parlare di divorzio era considerato impensabile  per la netta opposizione del Vaticano e dei partiti politici vicini ad esso, ma nel 1965 il deputato socialista Loris Fortuna presenta un progetto di legge, incassando il sostegno della rivista ABC che farà da eco alla proposta e parallelamente inizia un’ intensa campagna di iniziative a favore della legge ad opera di Marco Pannella e del Partito Radicale e poco tempo dopo della Lega italiana per l’istituzione del Divorzio, che sarà fondamentale per tenere acceso il dibattito nel Paese. Dopo cinque anni di battaglie parlamentari, la legge verrà approvata l’1 dicembre 1970, con i voti favorevoli  del Partito Socialista Italiano, Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, Partito Comunista Italiano, Partito Socialista Democratico Italiani, Partito Repubblicano Italiano e Partito Liberale Italiano e l’opposizione della Democrazia Cristiana, del Movimento Sociale Italiano, del Südtiroler Volkspartei e dei monarchici del Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica. 

La legge 1º dicembre 1970, n. 898 – “Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio” afferma che «il giudice pronuncia lo scioglimento del matrimonio […] quando […] accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita», accertando l’esistenza di diverse condizioni di natura soggettiva ed oggettiva.

Il referendum abrogativo

Nel 1971 venne depositata in Corte di cassazione la richiesta di referendum abrogativo da parte del “Comitato nazionale per il referendum sul divorzio”, con il pressoché totale appoggio del mondo politico cattolico. Il referendum si celebrerà il 12 maggio 1974, con la partecipazione dell’87,7% degli aventi diritto al voto, il 59,3% si espresse per il no e la legge rimase in vigore.

Vale la pena sottolineare come il mondo cattolico fosse convinto della vittoria del sì, ma anche il Partito Comunista Italiano, o quanto meno una parte di esso, si dimostrò inizialmente titubante nei confronti dell’iniziativa referendaria, convinto che avrebbe portato all’abrogazione della legge. La buona percentuale di voti per il no dimostrò come molti calcoli e tentativi di interpretare il pensiero dell’opinione pubblica in merito alla questione fossero sbagliati e che l’Italia, nella sua maggioranza, fosse invece pronta all’introduzione del divorzio. I voti per mantenere la legge arrivarono anche da una parte di cittadini di fede cattolica.