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Nucleare, attesa per la Carta nazionale delle aree idonee

Intanto Sogin rende noti i dati sullo smantellamento delle vecchie centrali nucleari

di Antonella Testini 

L’unica notizia ufficiale riguarda la presentazione da parte di Sogin della Carta nazionale aree idonee (Cnai), che sarà trasmessa al Ministero della Transizione Ecologica (Mite) entro il 15 marzo prossimo. Dopo alcuni passaggi autorizzativi, che vedranno protagonista anche l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin), il Mite di concerto con il ministero delle Infrastrutture e della mobilità, approverà la Cnai, per la successiva pubblicazione.

Stop. Null’altro da spiegare. Nient’altro da aggiungere.

In casa Sogin i telefoni squillano a vuoto e quando rispondono dall’altra parte della cornetta c’è sempre un “amministrativo” che non può dare informazioni invitando l’interlocutore a “consultare il sito di Sogin che è sempre aggiornato”.

In realtà avremmo voluto chiedere se la scadenza del 15 marzo sarà rispettata e quanto tempo sarà concesso al Mite e all’Isin per le valutazioni. I territori attendono con ansia la data del 15 marzo ma è chiaro che i tempi per la consultazione della Cnai saranno molto più lunghi. Di quanto? Non è dato saperlo.

E su una vicenda che da anni provoca tensione e divisione ora si è abbattuta anche la crisi in Ucraina con tutte le relative paure perché parlare di nucleare in Italia è da sempre troppo difficile.

Difficoltà che sono emerse chiare durante il lungo dibattito pubblico promosso proprio da Sogin con i territori inseriti nella Cnapi e durante il quale sono state raccolte oltre 600 osservazioni provenienti da 322 soggetti diversi.

La palla passa ora al Governo.

Una volta approvata, infatti, la Cnai sarà resa pubblica per dare ai territori individuati la sola possibilità di esprimere “pareri non vincolanti”. La decisone finale spetterà solo al Governo.

La speranza è che sino ad allora possano arrivare delle “autocandidature” da parte dei territori che faciliterebbero così l’intero percorso per l’istallazione del deposito nazionale.

Il percorso, ampiamente partecipativo, deve necessariamente arrivare ad una scelta finale entro il 2022. Come è stato ampiamente ribadito in sede ministeriale e durante il dibattito pubblico, l’Italia non può, sia per ragioni di economia sia soprattutto per ragioni di sicurezza, continuare ad avere una miriade di siti nucleari e di mini-depositi dove vengono “smaltiti” i rifiuti nucleari dovuti alla produzione industriale e alle apparecchiature sanitarie.

Secondo la tabella di marcia resa nota lo scorso anno, entro l’estate il Governo si pronuncerà definitivamente sull’allocazione del Deposito.

Sogin, intanto, accelera il decommissioning.

Mentre Elon Musk, il visionario imprenditore americano, invita l’Europa a riaccendere i reattori nucleari e “aumentare l’attività di quelle in funzione”, sempre da casa Sogin fanno sapere di aver chiuso il 2021 con una previsione di avanzamento fisico delle attività di decommissioning degli impianti nucleari, grazie a un lavoro di efficientamento dei processi e delle azioni di risanamento intraprese, pari al 7,2%, ben oltre l’obiettivo di budget fissato inizialmente al 6,6%.

“Si tratta di un valore che, unito all’obiettivo di oltre il 10% per il 2022, porterà il cumulato del biennio ad oltre il 17%. In pratica alla fine di quest’anno l’avanzamento fisico globale raggiungerà oltre il 45%, con un’accelerazione frutto di un profondo lavoro di efficientamento delle procedure e degli interventi”, si legge sul sito.

Nello specifico procede l’attività di decommissioning più complessa, ossia quella che riguarda lo smantellamento del nocciolo del reattore della centrale nucleare del Garigliano, mentre il 31 dicembre scorso Sogin ha completato la fase 1 del Piano globale di disattivazione dell’impianto FN di Bosco Marengo, il primo impianto nucleare italiano nel quale la Società ha terminato le attività di decommissioning.

Nell’Impianto Plutonio (IPU) del sito di Casaccia, Sogin ha portato invece a termine alla fine del 2021 lo smantellamento delle 56 Scatole a Guanti (SaG) che durante l’esercizio erano impiegate per attività di ricerca sulla produzione di elementi di combustibile nucleare a base di Plutonio.

Un lavoro lungo, difficile e che avrebbe dovuto concludersi entro il 2019.

Ritardi che ora, con la guerra a pochi chilometri dai nostri confini, pesano ancora di più.