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A Livorno ogni scherzo vale

Ritratto di una città “controvento”, coi colori del Toscana pride

di Dania Ceragioli 

Sarà per la brezza che soffia continuamente ma tutto a Livorno appare volubile, in continuo cambiamento. Con meno di 500 anni, risulta essere il capoluogo più giovane d’Italia. Tollerante, melting pot di forestieri, sembra una piccola America.

Il porto toscano da sempre accogliente con il prossimo, da cui ha attinto manovalanza, ha visto passare per la città, olandesi, portoghesi, greci e armeni, come in una qualsiasi grande metropoli degli Stati Uniti. Livorno nasce sotto la protezione dei Medici all’inizio del 1500 divenendo città solo nel 1606, quando sorge l’urgenza della costruzione di un porto. Nel reclutare i lavoratori per la sua bonifica, vennero aperte le porte a tutti coloro che erano interessati, pure a individui dal passato non proprio specchiato.

Seppur con radici decisamente non nobiliari tutto ciò ha contribuito all’integrazione, alla tolleranza, all’accettazione dell’altro, grazie proprio alla sua diversità. Questa varietà la si ritrova anche nelle botteghe, nei piccoli esercizi commerciali, gli uni accanto agli altri che vedono sfilare odori e sapori diversi finendo per amalgamarsi. Anche le fedi religiose convivono pacificamente fra di loro, mentre la grande sinagoga con la sua struttura possente sembra voler raccogliere tutti in un grande abbraccio. Nei quartieri della Venezia in cui è bello perdersi nel suo dedalo di vicoli e canali, il vento soffia ancora più forte, asciugando velocemente i panni stesi alle finestre. Da questi quartieri proletari è facile scivolare velocemente all’eleganza delle ville liberty del lungomare. Un mare con cui la città ha un legame strettissimo; un detto locale recita “tienti stretto alla terra, ma loda il mare”.

Questo lo sanno bene anche gli allievi ufficiali della blasonata Accademia Navale, dove la Marina Militare procede con le rigide selezioni per la loro formazione. Sembrano figure lontane, dei tempi che furono, appese a un passato ormai dimenticato. É possibile vederli in giro in piccoli gruppi con la loro divisa d’ordinanza, trovarli a curiosare nel mercatino americano. Un mercato singolare nato negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, dapprima per il contrabbando di sigarette e di generi alimentari di prima necessità recuperati dagli alleati e successivamente implementato grazie anche alla vicinanza della base americana di Camp Darby, da varia chincaglieria. Unico nel suo genere con gli anni è riuscito a mantenersi un proprio spazio, mescolando sapientemente prodotti originali americani con altri di seconda mano.

La leggerezza e l’ironia che si trovano in città sono qualità intrinseche del livornese doc. Sempre pronto alla battuta e a sdrammatizzare gli eventi e la vita in generale. Questo umorismo sfrenato lo si ritrova pure sulle pagine del suo giornale più famoso: Il Vernacoliere non sempre allusivo, ma decisamente esplicito e con frequentazioni non di rado rivolte alla volgarità. Non meno famoso poiché balzato alle cronache nazionali, lo scherzo di alcuni studenti, ai danni di alcuni famosi critici d’arte in occasione del centenario della morte di Amedeo Modigliani. Senza troppe difficoltà, questi giovani, scolpirono e gettarono in un canale delle teste, che una volta ripescate, vennero attribuite al maestro. Nessuno fino a quando gli stessi autori non lo confessarono, si rese conto che le sculture riportate alla luce erano false. Inutile dire che questa burla provocò l’ilarità dell’intero paese. Non sempre però l’ironia può sopperire alle avversità. In certi casi occorre ricorrere a qualcosa di estremamente forte, a una vera e propria scossa. Nei vecchi bar dove si mischiano snob e giocatori di tressette, si può sempre sorseggiare un buon ponce alla livornese, che brucia, che annebbia la vista quando lo si beve e ti porta a dire quello che non vorresti, allentando le tensioni e facendo sentire livornese anche chi non lo è.

Livorno il 18 giugno ha ospitato in presenza il Toscana pride, Oltre 30 mila i partecipanti che hanno sfilato per le vie della città urlando lo slogan “Fuori e sempre controvento”.