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Adozioni internazionali, finalmente a casa i bambini vietnamiti

Dopo due anni il Vietnam accoglie 91 famiglie europee

di Antonella Testini

Non è un buon momento per le adozioni internazionali. Sono arrivati solo dopo due anni in Italia i 16 bambini vietnamiti che aspettavano i loro genitori dall’inizio del 2020. Dopo mesi di trattative, il Governo vietnamita ha dato il via libera a 91 coppie europee, di cui 16 italiane, per poter riabbracciare i propri figli.

Coppie partite dopo una lunga trattativa tra la Commissione per le Adozioni Internazionali (Cai) e le autorità che gestiscono le adozioni in Vietnam, senza sapere esattamente né le modalità di ingresso nel Paese asiatico – si parlava inizialmente di quattro settimane di quarantena poi ridotte a due – né quanto sarebbe durato il soggiorno vietnamita.

La partenza di questo gruppo di famiglie era attesa per fine 2020. Una partenza rinviata di mese in mese, durante i quali era la Cai stessa ad informare le famiglie dell’impossibilità da parte dell’Autorità centrale vietnamita (MOJ) a pianificare e autorizzare la partenza dei genitori adottivi, prima per una serie di eventi nazionali, quali il Congresso del Partito di Governo, la pausa del Tet e il cambio del Capo del Governo e del Presidente della Repubblica, poi per il peggioramento della situazione sanitaria nel Paese.

Dopo quasi due anni, le 16 le coppie italiane hanno riabbracciato in un albergo di Ho Chi Minh City i loro figli e perfezionato le adozioni con la “Cerimonia della consegna” .

Come è stato possibile il viaggio in Vietnam?

Il viaggio per le famiglie adottive europee è stato organizzato in poco più di un mese ovvero subito dopo il via libera delle autorità locali. Le coppie sono partite dall’Italia dirette a Doha dove, grazie alla collaborazione delle ambasciate europee in raccordo con l’Autorità centrale, è stato organizzato un volo speciale che ha portato tutte le 91 famiglie a Ho Chi Minh City. I bambini, provenienti da varie province, sono arrivati tutti in città e qui hanno incontrato i loro genitori.

Un viaggio reso possibile anche perché tutte le famiglie erano regolarmente vaccinate e in possesso del green pass. In Italia, solo dopo mesi dall’avvio della campagna vaccinale e grazie alle continue richieste da parte dell’Unione italiana famiglie adottive ( Ufai), il generale Figliuolo ha autorizzato una corsia preferenziale per le famiglie in partenza verso l’estero per completare il percorso imposto dalle adozioni internazionali.

«Non è il viaggio che avevamo sognato di fare: del Vietnam non vedremo nulla se non quello che vediamo dalla finestra dell’hotel e la sala dove faranno le cerimonie, però questo viaggio ci rimarrà nel cuore. Oltre a donarci un figlio ci ha dato la possibilità di vivere questo momento insieme a tante coppie come noi, di tutta Europa, creando un clima di collaborazione e complicità senza pari. Caro Vietnam, torneremo», scrive una famiglia lombarda sul sito di AFN.

Adozioni internazionali a che punto siamo?

Il momento per le adozioni internazionali continua ad essere difficile. La Cai ha recentemente diffuso i dati per le adozioni concluse nel 2020 e nei primi mesi del 2021.

Stando ai dati diffusi nel 2020, in Italia, si sono concluse solo 526 adozioni internazionali, a fronte di 969 nel 2019. Quest’anno, i numeri sono leggermente in ripresa: dal 1° gennaio a metà settembre  ne sono andate in porto 347, contro le 320 dell’anno precedente. Purtroppo, però, ci sono ancora circa 2600 coppie in attesa.

La pandemia ha bloccato famiglie all’estero, aumentato le spese, rallentato gli abbinamenti, gli arrivi e le partenze, ridotto l’operatività dei Tribunali dei Minori. Ha anche diminuito gli incarichi che le coppie idonee devono dare agli enti autorizzati: sono stati 594 nel 2020, solo 394 nel 2021 (confrontando sempre i mesi da gennaio a metà settembre).

Segno tangibile che molti genitori sono sfiduciati, stanchi, spesso spaventati dalla burocrazia, dai tempi di attesa, da regole troppo severe e poco chiare. Regole che non facilitano l’adozione e che spesso nulla hanno a che fare con il bisogno e, soprattutto, il diritto di un bambino ad essere amato.