Dall’Emilia alla Sicilia, maxifrode: società cartiere creavano fatture false

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Dall’Emilia alla Sicilia, maxifrode: società cartiere creavano fatture false

Erano costituite imprese cartiere per l’emissione di false fatture per operazioni inesistenti al fine di evitare il versamento delle imposte.

E’ quanto scoperto dalla nucleo di polizia economico-finanziario della guardia di finanza e della squadra mobile della questura di Reggio Emilia, impegnati in una delicata indagine che riguarda l’intero territorio nazionale su una maxifrode di 30 milioni di euro.

Maxifrode fiscale sull’intero territorio nazionale, 87 indagati

Si tratta dell’operazione “Consequence”, che ha permesso di risalire ad un sodalizio criminale dedito all’evasione fiscale attraverso l’emissione di fatture false per operazioni inesistenti avvalendosi dell’utilizzo di società cartiere. L’inchiesta si concentra soprattutto nei territori dell’Emilia-Romagna, Lombardia, Calabria, Sicilia, Trentino Alto-Adige, Toscana, Liguria, Basilicata, Veneto, Lazio e Campania. 

L’inchiesta ha visto impegnati oltre 100 uomini della polizia di stato e della guardia di finanza su richiesta della Procura della Repubblica di Reggio Emilia guidata dal procuratore Calogero Gaetano Paci. Secondo quanto spiegato dal gip, l’operazione è un seguito dell’inchiesta “Billions” che nel 2020 ha permesso di smantellare un gruppo criminale attivo in reati fiscali, riciclaggio di denaro e bancarotta fraudolenta per un giro d’affari pari a oltre 240 milioni di euro. Nello stesso blitz sono stati condannati in primo grado 61 persone. 

Nel mirino della Procura, 87 persone risultanti legali rappresentanti e amministratori di diverse società operanti su tutto il territorio nazionale, i quali per sottrarsi al versamento delle imposte sui redditi e sull’Iva avrebbero escogitato il sistema delle false fatturazioni anche grazie all’utilizzo di società cartiere con sede nel reggiano. Tra le attività illecite, anche la monetizzazione del denaro ottenuto grazie ai crediti d’imposta indebitamente percepiti.

Disposto il sequestro dei beni di proprietà degli indagati

E’ stato quindi disposto immediatamente il sequestro di disponibilità finanziarie e beni degli indagati per un valore di circa 11,5 milioni di euro e la perquisizione personale e locale di 34 indagati con l’ausilio delle unità cinofile cash-dog della guardia di finanza per cercare denaro contante.  

Nei guai la società Angelo Finesso S.p.A.

Tra le società al centro del blitz, anche la Finesso con sede a Padova e operante nel settore della logistica e nel trasporto di merci su strada. Indagati, invece, i fratelli Francesco ed Enzo HaymarD’Ettory, ex legali rappresentanti della società padovana. Francesco, infatti, è stato amministratore dal 28 giugno 2012 al 29 maggio 2015 succeduto dal fratello tutt’ora ai vertici dell’azienda. Stando alle indagini, la Finesso avrebbe ricevuto fatture per operazioni inesistenti di Ips Spa, esercente l’attività di commercio all’ingrosso di imballaggi. Per l’anno 2013 di un valore di 137.073,75 euro più Iva pari a 28.959 euro, di 51.446,50 euro più Iva per l’anno 2014 pari a 11.318,23 euro e 9.065,10 euro più Iva per l’anno 2015. I fratelli Heymar D’Ettory avrebbero così generato un profitto di circa 94.613,19 euro. 

Coinvolte anche alcuni esponenti della criminalità organizzata

Nell’inchiesta, inoltre, figurano i nomi di note famiglie appartenenti alla criminalità organizzata. Si tratta dei Mendicino, dei Brugnano, dei Macrì, dei Falbo e dei Sestino. Sempre secondo gli inquirenti, una delle società cartiere utilizzate era la Dante Gomme di Cadelbosco Sopra riconducibile alla famiglia dei Sistino.