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È stata la mano di Dio, un viaggio nell’epoca perduta degli anni ’80

La recensione al film autobiografico di Paolo Sorrentino 

di Paolo Trapani 

Un tuffo senza respiro negli anni ’80, in un mondo ormai perduto dove non esistevano ipod e spotify e la musica si ascoltava con cassette, mangianastri e walkman. Un’epoca non lontana ma completamente svanita, nella quale il tempo dei giovani trascorreva più per strada con le comitive di amici che in famiglia, dove allo stadio, senza tornelli e privi di telecamere, si entrava con biglietti anonimi e magari si scavalcavano i cancelli.

Un’epoca nella quale i napoletani, qualche anno dopo il micidiale sisma del 1980, si rialzarono per vivere una favola magica che, attraverso il calcio, regalò loro anni di rivalsa sportiva e sociale. 

Il film di Paolo Sorrentino “È stata la mano di Dio” è soprattutto questo: un intenso viaggio nel tempo la cui narrazione trova il suo compendio nella frase dello scrittore argentino Roberto Fontanarrosa “Non mi importa cosa  Maradona abbia fatto della sua vita, mi interessa ciò che ha fatto alla mia”. 

È proprio il Pibe de Oro, infatti, a salvare la vita al giovane protagonista del film, Fabietto Schisa che rievoca, nella pellicola, la vita con relativa tragedia familiare, del suo regista.

Paolo Sorrentino, a oltre 30 anni di distanza dell’infinito dolore subito per aver perso entrambi i genitori, è riuscito a raccontare magistralmente una vicenda personale e familiare che si sviluppò nell’epoca di una Napoli irripetibile, quella degli anni ’80 segnati dai trionfi sportivi di Maradona. 

Nel film Fabietto, in un tragico weekend invernale, decide di non seguire i genitori diretti a Roccaraso per una breve vacanza. Ha troppa voglia di restare a Napoli, andare allo stadio e ammirare Maradona. È questa scelta che gli salva la vita. I genitori infatti muoiono, colti di sorpresa dalle esalazioni del camino acceso nella baita di montagna. Ed è da questo dolore che Fabietto inizia a ripartire, coltivando il suo sogno: il cinema. 

Il film ruota intorno alla vita del suo regista ma, nonostante sia un prodotto autobiografico, il lavoro di Sorrentino non sfocia mai nell’equivoco autoreferenziale e il personaggio-protagonista accompagna chi guarda la scena in un viaggio profondo di esperienze e travagli interiori, sogni futuri e vicissitudini personali. 

Probabilmente il film del regista napoletano correrà agli Oscar, per le nomination del miglior lavoro internazionale (che saranno annunciate l’8 febbraio 2022 e saranno l’anteprima della notte delle premiazioni, fissata per il 27 marzo 2022 a Los Angeles).