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Elezioni 2023, a febbraio si vota in Lombardia e Lazio

Il prossimo mese si corre per rinnovare le assemblee legislative regionali

Manca praticamente un mese alla riapertura delle urne in due importanti regioni italiane: domenica 12 e lunedì 13 febbraio si vota in Lombardia e Lazio. Dopo cinque anni, dall’ultima tornata elettorale, i cittadini devono rinnovare i consigli regionali ed eleggere i rispettivi Presidenti. Il voto nelle due regioni sarà un primo importante test anche per il governo nazionale giudato da Giorgia Meloni, che potrà verificare il giudizio dei cittadini dopo i primi 100 giorni alla guida dell’Italia. 

Regionali in Lombardia 

Nella regione più popolosa e più ricca, la Lombardia, il governatore uscente, AttilioFontana, chiede agli elettori altri cinque anni di fiducia. La fase più difficile del suo mandato è stata sicuramente la pandemia da covid esplosa in tutta la sua virulenza a febbraio 2020. La Lombardia è stata una delle aree del Paese ad aver pagato un conto molto salato in termini di vite umane. Nel ricordo di tutti ci sono i boom di ricoveri e decessi nelle province di Bergamo e Brescia che tre anni fa vennero funestate dal coronavirus.

A sfidare il Presidente in carica saranno in primis due competitor: Letizia Moratti che corre in totale autonomia e dopo essersi dimessa polemicamente dalla giunta Fontana, nella quale era stata assessore e vicepresidente. Altro sfidante è poi Pierfrancesco Majorino, sostenuto da Pd e Movimento cinque stelle. Per ora non sono stati diffusi sondaggi elettorali sul voto lombardo. 

Legge elettorale

In Lombardia la legge elettorale in vigore risale al 26 ottobre 2012: i cittadini eleggono 80 consiglieri compreso il Presidente. Viene proclamato governatore della Regione il candidato che ottiene il maggior numero di voti validi sul territorio. Non è previsto un ballottaggio in caso di mancato raggiungimento da parte di un candidato della maggioranza assoluta. Gli altri 79 consiglieri dopo l’abolizione del listino bloccato, sono eletti tramite un meccanismo proporzionale sulla base di liste provinciali concorrenti, mentre un seggio viene assegnato al miglior perdente tra i candidati alla presidenza. Per garantire la governabilità, la legge elettorale in Lombardia prevede un premio di maggioranza: almeno 44 seggi (il 55% dei seggi) se il presidente ha ottenuto meno del 40% dei voti validi, oppure almeno 48 seggi (il 60% dei seggi) se il vincitore ha ottenuto il 40% o più dei voti validi.

Alle regionali in Lombardia è ammesso il voto disgiunto, ovvero votare per un candidato alla carica di presidente della Regione e poi per una delle altre liste a esso non collegate.

Regionali nel Lazio 

Situazione molto diversa invece nell’altra grande regione chiamata al voto: secondo i primi sondaggi, il candidato del centrodestra, Francesco Rocca, è in vantaggio con almeno il 42% dei voti. L’ex numero uno della Croce rossa italiana si avvantaggierebbe della spaccatura tra i suoi avversari. Dietro di lui, ma staccato, c’è in primis Alessio D’Amato, candidato Pd che raggiungerebbe il 35% dei consensi. L’ex assessore regionale alla Sanità pagherebbe non poco la mancata alleanza con i pentastellati. In terza posizione, infatti, secondo i sondaggi risulterebbe Donatella Bianchi, conduttrice di LineaBlu su Rai1 e ambientalista, candidata dal Movimento 5 Stelle, che si fermerebbe al 18,3%. 

Legge elettorale

Gli elettori laziali eleggono il presidente della Regione e i 50 consiglieri regionali. La legge elettorale regionale è la n. 2 del 2005, che ha subìto importanti modifiche con la legge regionale n. 10 del 2017. 

Tra le modifiche più importanti vanno ricordate: l’abolizione del “listino”, cioè l’elenco di 10 candidati consiglieri collegati al presidente ed eletti automaticamente insieme a lui in caso di vittoria (come premio di maggioranza); l’introduzione della parità di genere con la doppia preferenza (purché a candidati di sesso diverso) e l’obbligo di garantire il limite del 50% ai candidati dello stesso sesso nelle liste circoscrizionali; il divieto del terzo mandato consecutivo per il presidente della Regione (salvo che uno dei due mandati precedenti sia durato meno di due anni, sei mesi e un giorno per causa diversa dalle dimissioni volontarie); la garanzia di almeno un consigliere regionale eletto per ogni provincia.