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“Il nostro è un mestiere devastante”

“Ogni giorno combatto con l’idea di non essere riconosciuto o apprezzato”, è quanto racconta l’attore e regista Kim Rossi Stuart, nella giornata conclusiva del Lucca Film Festival 2023.

La masterclass che l’ha visto protagonista, voleva essere anche un tributo alla carriera, per la quale gli è stato consegnato un premio, fra gli applausi di una sala gremita di gente.

Nel ripercorrere le tappe salienti della carriera, è tornato con la memoria agli esordi, quando a soli 18 anni debuttò al “Piccolo” di Milano, ai film interpretati, ai registi con cui ha lavorato, all’incontro con Michele Placido di cui ha raccontato un aneddoto divertente.

“Eravamo nella Tuscia, alla mia casa di campagna, stavamo lavorando a un film in diversi, fra cui Michele, nel descrivere con enfasi una scena, prende un’arancia in mano e inizia a sbucciarla, facendone colare il succo dal gomito al pavimento, io che sono precisino vedo tutte le mattonelle di cotto peraltro non trattate, imbrattate, non sapevo come dirgli di fare attenzione, a un certo punto mi sono sorpreso a urlare, mi ha guardato stupito, si è fermato e il giorno successivo ha continuato a farlo ancora”.

Incalzato dal giornalista e critico cinematografico Boris Sollazzo, in tema di bellezza l’attore si dimostra molto imbarazzato “ho sempre cercato e ottenuto ruoli che facessero emergere piuttosto che la mia presunta bellezza il mio talento, anche se devo ammettere, noi attori ci dobbiamo costantemente confrontare con l’aspetto estetico, non mi sono mai considerato attraente, così’ biondo poi, ho sempre preferito chi aveva tratti somatici più scuri, a 5 anni volevo essere nero”.

Il teatro? “Mi piacerebbe tornare a recitare, ma soltanto per il luogo, non certo per le lunghe e sfiancanti repliche, se prendo coraggio magari in futuro deciderò di sperimentare la regia, -soffermandosi sui ruoli svolti aggiunge – in “Senza pelle” ho dato una vera e propria svolta alla mia carriera, fino a quel momento avevo sempre incarnato ruoli pop e questa era davvero una parte disturbante che ho decisamente faticato a ottenere, temevano non fossi credibile”.

Parlando del cinema, di come siano cambiati tempi e modalità confessa “adesso è tutta una corsa, si arriva a girare prima ancora che le sceneggiature siano terminate, una volta venivano assegnate a questa delicatissima sezione, anche cinque persone, che per un anno o forse più si dedicavano soltanto a questo, ne usciva un prodotto perfetto, oggi siamo all’improvvisazione”.

Quando Sollazzo confida di aver interpellato colleghi e amici del regista e nessuno abbia voluto parlare male di lui, pur avendo riscontrato un timore reverenziale nei suoi confronti, Kim si emoziona non ritenendolo possibile, definendosi tuttora “un orso” essendo rimasto piuttosto timido e introverso.

L’intervistatore decide di chiudere la lunga conversazione con domande più introspettive a cui la star non si sottrae.

Ci sono stati periodi in cui ti sei fermato, proteggendo la tua libertà di scelta? “certo, nel mio appartamento da single scrivevo sui muri “essere o non essere” ho sempre avuto l’esigenza di guardarmi dentro, ogni giorno combatto con l’idea di non essere riconosciuto o apprezzato, è un lavoro devastante il nostro, ogni singolo momento ognuno di noi è costretto a combattere questa malattia. Mi sono sempre preso grandi pause per disintossicarmene”.

Hai avuto paura che si dimenticassero di te? “sicuramente, ho scritto anche questo su quel muro.  Vorrei continuare a fare il mestiere che amo, ha però un meccanismo che si sta chiudendo, o decidi di adeguarti o cerchi di uscire fuori dalla visione paleolitica della comunicazione, sto pensando di sbarcare sui social. Voi cosa ne pensate?”.