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Al civico 62 di Via Prenestina a Roma, sotto la sopraelevata della tangenziale est, c’è un portone a specchio con le grate, in mezzo a un muro imbrattato da scritte rosse e nere. Una coppia di coniugi cinesi vive al quinto piano di quella palazzina e, nella stessa notte romana, umida e piovosa, in cui Achille Lauro stava improvvisando un concerto a Piazza di Spagna, loro raggiungono casa, a bordo di due biciclette elettriche.
Non vi entreranno.
Sei colpi di Calibro9 li lasciano a terra, sul marciapiede, in mezzo al sangue. Una vera e propria esecuzione ad opera di un killer incappucciato, dileguatosi nel nulla, che prima di premere il grilletto aveva citofonato a casaccio per farsi aprire il portone. Che non si trattasse un comune episodio di cronaca nera lo si è compreso subito, analizzando il profilo criminale dell’uomo assassinato, indubbiamente il vero obbiettivo del sicario. Si chiamava Zhang Deyong, 53 anni, con precedenti per reati contro il patrimonio, già finito in carcere qualche anno fa e uomo di fiducia del boss della principale cupola cinese in Italia e in Europa, per il quale dirigeva bische clandestine e si occupava di recupero crediti. Il suo nome compariva nell’elenco degli indagati dell’inchiesta China Truck che nel 2018 portò in carcere 33 persone sulle novanta iscritte sul registro delle notizie di reato.
Nata da una indagine dei magistrati della Dda di Firenze, aveva rivelato la presenza, nell’area del tessile di Prato, di un sistema criminale per accaparrarsi il mercato degli appendiabiti nel più grande distretto europeo del pronto moda. La cosiddetta “guerra delle grucce”, un giro d’affari da oltre cento milioni all’anno, che tocca anche il comparto della logistica delle attività di trasporto di prodotti cinesi nel Vecchio Continente. L’inchiesta tuttavia aveva fatto venire a galla una variegata costellazione di crimini consumati dalla comunità cinese, che comprendevano anche lo sfruttamento della prostituzione, il traffico di droga, l’usura, il gioco d’azzardo. La spedizione punitiva ai danni di Zhang è da interpretare come un ulteriore tassello del regolamento di conti in corso fra bande cinesi contrapposte, interessate a conquistare, da una parte, e a conservare, dall’altra, quote del mercato della logistica. Le aziende del figlio del boss per il quale lavorava la vittima, infatti, soltanto poche settimane fa, erano state bersaglio di attentati dinamitardi e incendiari.
Aziende insediate anche a Madrid e Parigi.
I notiziari locali degli ultimi giorni, inoltre, avevano raccontato delitti contro cittadini cinesi, all’apparenza scollegati e anonimi, fra Torino, Prato e Firenze. Una spirale di violenze che ha il suo nucleo in Toscana e che non conosce confini, alimentata probabilmente da chi sta tentando di scalare il vertice criminale cinese in Italia e in Europa, con il nostro Paese ormai diventato epicentro di uno scontro ormai visibilissimo e pericoloso. I gangster cinesi hanno imparato a collaborare con le mafie tradizionali nostrane e riciclano denaro anche per i cartelli della droga sudamericani.
Ma c’è anche l’ipotesi di una decisione maturata all’interno dello stesso clan. Così come pare difficile immaginare che fra i corridoi del Partito Comunista a Pechino sia sfuggito qualcosa di questa storia. Del resto, la presenza sul territorio italiano di almeno undici stazioni di polizia cinesi, le cui attività non sai mai state davvero chiare e note, suggerisce un controllo capillare e una immediatezza decisionale, che traccia un filo diretto fra la comunità cinese italiana e le volontà dei dirigenti vicini a Xi Jinping. In questa improvvisa escalation di brutalità va, infine, considerato l’impatto della guerra commerciale fra Stati Uniti e Cina. La mafia cinese controlla gran parte della vita economica delle imprese di connazionali in Europa. I dazi extra-large imposti da Trump potrebbero aver dato una accelerata alla competizione fra clan rivali, per estromettere definitivamente il boss dal giro che conta e stabilire una nuova geografia del potere criminale cinese, in grado di interfacciarsi con i mercati occidentali.