Mafia, i giudici rigettano il ricorso del boss Benedetto Spera

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Mafia, i giudici rigettano il ricorso del boss Benedetto Spera

Respinto il ricorso per la sospensione dell’ergastolo per le stragi del 1992, inflitto al capomafia di Belmonte Mezzagno, recluso in regime di 41-bis. e ora in condizioni di salute non ottimali.

“Lo snodo giuridico da approfondire consiste nel rilievo da attribuire alla condotta del detenuto che rifiuti le cure, in modo da aggravare le proprie condizioni di salute, ed il rilievo che tale situazione assume in caso di mancante consapevolezza da parte del detenuto delle conseguenze di tale rifiuto”, è quanto scrivono i giudici della prima sezione della Corte di Cassazione rigettando il ricorso avanzato dal boss Benedetto Spera, braccio destro di Bernardo Provenzano.

Benedetto Spera è malato ma resta in carcere

Il capomafia di Belmonte Mezzagno, recluso in regime di 41-bis avrebbe presentato ricorso per la sospensione dell’ergastolo inflittogli per le stragi del 1992. Le sue condizioni di salute non sarebbero così ottimali, ma nonostante ciò la richiesta del differimento della pena sarebbe stato prontamente respinta dal collegio presieduto da Stefano Mogini. Stando al suo parere, infatti, le patologie di cui è affetto Benedetto Spero potrebbero essere curate anche in carcere attraverso strutture specializzate senza la necessità di interventi fuori dalle mura carcerarie. 

Lo scorso 17 giugno il primo rifiuto del ricorso

E’ stato lo stesso Spera, ormai 88 enne a rifiutare alcune cure salvavita e, affidandosi al suo legale avrebbe presentato istanza di differimento della pena: “Le condizioni di salute sono di notevole gravità e il grave stato di decadimento che affligge il condannato non gli consente di comprendere la necessità di sottoporsi ai trattamenti salvavita”, ha spiegato il difensore del boss. Tuttavia, la sospensione dell’ergastolo sarebbe stata chiesta anche circa un anno fa per consentire al figlio, tutore di Spera, di convincerlo a rivolgersi a strutture mediche specializzate e sottoporsi ad un intervento chirurgico per curare le sue patologie. Istanza che era stata respinta lo scorso 17 giugno. 

Secondo quanto affermato dalla prima sezione della corte di Cassazione, il rigetto del ricorso era avvenuto “sulla base delle risultanze della relazione sanitaria del carcere dove Spera è detenuto, che confermava il quadro clinica nelle precedenti relazioni del 17 marzo e del 9 giugno scorsi”. La sentenza affermava che le patologie risultavano curabili all’interno del carcere anche con l’ausilio di cliniche esterne. Per la Suprema Corte, inoltre, la condizione di sofferenza autoprodotta dal detenuto, non può essere considerata ai fini del bilanciamento tra esigenze di salvaguardia dei diritti fondamentali ed obblighi di effettività della risposta punitiva. 

La perizia psichiatrica del 9 giugno 2022 lo definisce soggetto lucido e vigile

Lo scorso 9 giugno 2022 era stata effettuata anche una nuova perizia psichiatrica nei confronti di Spera che lo ha definito un soggetto lucido, vigile e senza deficit significativi. 

Benedetto Spera è stato il reggente della famiglia di Belmonte Mezzagno, uomo di fiducia del boss dei corleonesi Bernardo Provenzano. Considerato uno degli esecutori della strage di Capaci, era latitante dal lontano 1994 fino al 30 gennaio 2001, giorno del suo arresto nelle campagne di Mezzojuso in provincia di Palermo. Quel blitz era stato condotto dalla Polizia di Stato per la cattura di Bernardo Provenzano che riuscì a fuggire.