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Calcio inglese, arriva la Ragioneria del pallone: controllerà i conti delle squadre

L’istituzione di un Regolatore indipendente, un ente che dovrà supervisionare la sostenibilità economica, con regole omogenee dalla Premier League

‹‹Sappiamo che ci sono sfide reali che minacciano la stabilità dei club. Questi nuovi e audaci piani riporteranno i tifosi al centro del calcio, proteggeranno il patrimonio e le tradizioni delle nostre società››. Con queste parole il Primo ministro britannico Rishi Sunak ha presentato in Parlamento il White Paper che rivoluzionerà il calcio di Oltremanica.

Nel mese di Settembre il nostro giornale aveva dedicato un focus proprio allo strapotere economico del calcio inglese, ma adesso è direttamente il Governo a prendere (è il caso di dirlo) la palla in mano. Il piano messo a punto al n.10 di Downing Street ha, fra i suoi contenuti principali, l’istituzione di un Regolatore indipendente cui sarà affidato il compito di supervisionare la sostenibilità economica, con regole omogenee dalla Premier League e National League (l’equivalente del nostro campionato di Eccellenza).

Chi è e cosa farà il Regolatore sportivo

Questo nuovo ente non avrà poteri sportivi, per intenderci, potrà disporre ammende, ma non punti di penalizzazione. La Gazzetta dello Sport ha le idee chiare sul fatto che l’obbiettivo è quello di arrivare ad un modello in cui, per iscriversi ai vari campionati, sarà necessario, ogni anno, vedersi riconosciuta una licenza, ottenibile solo se si sono seguiti “modelli economici e finanziari solidi e di essere gestiti in modo impeccabile”. Il Regolatore potrà esigere dalle dirigenze dei club gli schemi finanziari e la provenienza delle risorse, intervenendo, allo stesso tempo, nelle procedure di cambio di proprietà, le quali potranno avvenire solo a seguito di approvazione del piano finanziario da parte proprio del Regolatore.  

Ecco quali sono i numeri della Premier League

È evidente come la sfida di questa riforma sia fondamentalmente economica. Nella visione di Rishi Sunak, il calcio è un industria che deve auto-sostenersi, con patti chiari sulla redistribuzione interna delle risorse. Sarà la Premier League infatti a coprire per l’ottanta percento i costi di tutto l’intero settore. In trent’anni di Premier League, sono stati 64 i club finiti in amministrazione controllata, ultimi casi quelli delle storiche società Bury e Macclesfield Town. Solo negli ultimi due anni, fanno sapere dal Governo, la Premier League aveva toccato la quota di 5,9 miliardi di sterline di debito, con un rapporto salari/ricavi pari al 125%, evidenziando una tendenza delle squadre a spendere ben oltre le proprie possibilità.

Proibita l’adesione a competizione chiuse

La riforma proibisce, tra l’altro, alle squadre di aderire a “competizioni chiuse che minacciano il campionato nazionale”. Un riferimento non troppo celato alla Superlega, che venne annunciata nell’aprile del 2021 dai dodici top club europei, fra cui proprio le regine della Premier: Mancheter City, Manchester United, Tottenham, Liverpool, Chelsea e Arsenal. A quell’annuncio seguirono giorni di sgomento e di plateali proteste, soprattutto in Inghilterra, dove i tifosi occuparono le strade delle città e i parcheggi degli stadi al grido di ‹‹il calcio è del popolo!››, contribuendo allo sfaldamento del progetto. E non a caso, proprio alle tifoserie, il White Paper dedica il resto dei propri contenuti. I fans avranno, infatti, il diritto di partecipare alla gestione delle proprie squadre del cuore, in nome della tutela della loro storia, potendosi persino opporre alla vendita o allo spostamento dello stadio.

La reazione dei vertici della Premier League

Dalla redazione di Calcio&Finanza fanno sapere che oltre a questa riforma, il Governo britannico è anche pronto a rivedere l’attuale sistema di visti per i calciatori stranieri che vengono acquistati dal club inglesi. Inutile dire che le reazioni non si sono fatte attendere. I vertici della Premier League sono su tutte le furie, paventando che in questo modo il calcio inglese perderà il proprio ruolo dominante a livello mondiale e soprattutto che queste normativa possano scoraggiare gli investitori esteri. Qualunque posizione si abbia sulla vicenda, per un Paese “corporativo” come il nostro, sentir solo parlare di riforma in un mondo così monolitico come quello del calcio, sembra un delirio. Eppure, fra tutte le organizzazioni calcistiche europee, nessuna come la nostra ha bisogno di un intervento, che venga su impulso delle federazioni, dei club o del Governo, poco importa. Ma è quanto mai necessaria, per il destino economico, tecnico e infrastrutturale dell’intero settore.