Piazza della Loggia, la strage con mezzo secolo di processi

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Piazza della Loggia, la strage con mezzo secolo di processi

Oggi ricorre il quarantanovesimo anniversario. Lo Stato, per la prima volta, rischia di non essere parte civile in un procedimento sull’attentato terroristico.

Il 28 maggio 1974 veniva messa in atto una delle più grandi stragi che abbiano mai insanguinato il nostro Paese, quella di Piazza della Loggia a Brescia. Si trattò di un attentato terroristico di matrice neofascista, una bomba nascosta in un cestino portarifiuti che costò la vita a 8 persone e ne ferì altre 102, mentre era in corso una manifestazione indetta dai sindacati e dal Comitato Antifascista proprio contro il terrorismo nero.

Oggi, il Capo dello Stato Sergio Mattarella con un messaggio ha voluto commemorare le vittime dell’attentato di 49 anni fa, concludendo con le parole: “il ricordo di oggi è un messaggio rivolto in special modo alle generazioni più giovani, a cui è trasmesso il testimone della convivenza, della solidarietà, del bene comune da riconoscere e preservare con cura, al di là di ogni legittima differenza di opinioni e interessi”. Parole di solidarietà e commemorazione anche da parte del presidente del Senato La Russa e da parte del presidente della Camera Fontana e di vari esponenti politici.

Il governo escluso dalle parti civili

E’ in atto da un paio di mesi una bagarre per quanto riguarda la costituzione di parte civile da parte dello Stato in un eventuale processo a carico di Roberto Zorzi per le presunte responsabilità dell’attentato. Il governo ha infatti chiesto di essere costituito parte civile in ritardo rispetto alla data dell’udienza preliminare, dichiarando di non esserne a conoscenza. Il giudice, ha accolto l’eccezione della difesa dell’imputato che si è opposto alla tardiva costituzione. Per la giudice Francesca Grassani, il governo non poteva non sapere, trattandosi di un fatto noto e divulgato ampiamente anche dagli organi di stampa e che non doveva essere citato direttamente dalla Procura, poiché non trattasi di persona offesa ma solo di un soggetto danneggiato dal reato. E’ stato presentato però pochi giorni fa, dall’Avvocatura dello Stato di Brescia, un ricorso in Cassazione contro l’esclusione. Lo Stato, per la prima volta dal giorno della strage, rischia di non essere parte civile in un procedimento riguardante la strage di Piazza della Loggia. 

L’iter giudiziario

La prima istruttoria portò nel 1979 alla condanna di alcuni esponenti dell’estrema destra bresciana, tra i quali Ermanno Buzzi, strangolato in carcere dai terroristi Concutelli e Nuti. Le condanne vennero trasformate in assoluzioni nel giudizio di secondo grado nel 1982 e le assoluzioni confermate dalla Cassazione nel 1985.

Un secondo filone di indagini nacque nel 1984, dopo le rivelazioni di alcuni pentiti e mise sotto accusa alcuni esponenti dell’estrema destra, il procedimento si protrasse fino al 1989, anno nel quale la Cassazione confermò il proscioglimento di tutti gli imputati.

Il terzo filone di indagine ha portato il 15 maggio 2008 al rinvio a giudizio di Delfo Zorzi, (cittadino giapponese non estradabile, per il quale era già stata emanata una richiesta d’arresto), Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte, Pino Rauti, Francesco Delfino, Giovanni Maifredi.

Il 21 ottobre 2010 è stata formulata l’accusa di concorso in strage per tutti gli imputati, ad eccezione di Pino Rauti, per il quale l’accusa aveva chiesto l’assoluzione per non aver commesso il fatto. Il 16 novembre dello stesso anno la sentenza di primo grado ha assolto tutti gli imputati. Il 14 aprile 2012 la sentenza d’Appello confermerà le assoluzioni di primo grado indicando però le responsabilità di tre militanti di Ordine Nuovo, oramai deceduti: Carlo Digilio, Ermanno Buzzi e Marcello Soffiati.

Il 21 febbraio 2014 la Cassazione ha annullato le assoluzioni di Maggi e Tramonte, nel nuovo processo d’appello i due verranno condannati all’ergastolo e la sentenza, confermata definitivamente dalla Cassazione nel 2017. Tramonte è riuscito a fuggire in Portogallo, ma è stato estradato in Italia e ad oggi si professa innocente, Maggi è deceduto nel 2018.

Risulta ancora pendente presso la Procura per i Minorenni di Brescia il procedimento a carico di Marco Toffaloni, a seguito di rivelazioni di un collaboratore di giustizia, grazie alle quali è stata acquisita una foto del giorno della strage che ha confermato, a seguito di perizia antropometrica, la presenza dell’allora diciassettenne in Piazza della Loggia, pochi istanti dopo l’esplosione dell’ordigno. Il 5 aprile di quest’anno, Toffaloni è stato rinviato a giudizio per strage.

Ultimo atto, molto recente, è il nuovo filone che coinvolge Roberto Zorzi, che attualmente vive negli Stati Uniti, dove gestisce una allevamento di dobermann che ha chiamato “Il Littorio”. E’ ritenuto dagli inquirenti l’esecutore materiale ed è accusato di concorso in strage e, come previsto, non era presente in aula durante l’udienza preliminare, svoltasi presso il Palazzo di giustizia di Brescia il 23 marzo di quest’anno.

Il presunto coinvolgimento dei servizi segreti

Come già detto in precedenza, come in molte vicende italiane, il sospetto di depistaggi e del coinvolgimento di servizi segreti o, in ogni caso, di parti deviate delle istituzioni è sempre dietro l’angolo e la strage di Piazza della Loggia non fa eccezione per vari motivi. Il primo è costituito dal fatto che il condannato all’ergastolo Maurizio Tramonte è stato un collaboratore del Sid (la cosiddetta Fonte Tritone) e una fotografia dell’epoca, periziata dalla Procura di Brescia, comproverebbe la sua presenza sul luogo della strage. Inoltre desta sospetti e stupore l’ordine impartito dall’allora vicequestore Aniello Damare che poche ore dopo la strage fece ripulire frettolosamente con autopompe il luogo della strage, di fatto cancellando indizi e tracce, prima ancora che potessero essere messi in atto sopralluoghi e rilievi. Scomparsi misteriosamente anche i reperti prelevati in ospedale dai corpi dei feriti e dei cadaveri. Inoltre, va segnalata la misteriosa fuga in Argentina di un testimone, poco prima che i magistrati potessero ascoltarlo che portarono il giudice istruttore Zorzi a denunciare l’esistenza di un meccanismo di protezione che mette letteralmente i brividi