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Georgia, un’altra Ucraina?

La protesta del popolo georgiano contro la legge che definisce media e ong “agenti stranieri”, se finanziate dall’estero, porta a centinaia di arresti.

È diventata il simbolo della protesta l’immagine della manifestante che stringeva stretta una enorme bandiera dell’Unione Europea, resistendo anche all’impatto con i cannoni ad acqua che la polizia le scagliava addosso.

Eravamo a Tbilisi, in Georgia, poche ore prima della Festa della Donna e quella donna non era sola. Insieme a lei c’erano altre migliaia e migliaia di manifestanti che intonavano cori contro Putin e acclamavano una piena emancipazione dalla sfera d’influenza del Cremlino.

Media e ong sono “agenti stranieri”, se finanziate dall’estero

L’occasione che ha fatto scattare la protesta è stata la proposta di legge per designare come “agenti stranieri” i media e le ong con più del 20% di finanziamenti dall’estero.

Una legge ritenuta dalla piazza filorussa e putiniana, ma che è stata il pretesto per rimarcare una volta di più il sentimento profondamente europeista della popolazione georgiana. Secondo i più recenti sondaggi, il sostegno pubblico all’adesione all’Unione europea supera il 70%, un percorso avviato ufficialmente il 3 marzo 2022, quando il primo ministro georgiano Garibashvili ha firmato la domanda di adesione.

Tuttavia, pochi mesi dopo la Commissione europea aveva “bocciato” tale candidatura, accompagnandola alla richiesta di una serie di riforme da attuare preliminarmente.

La Georgia e l’Europa

Già allora la piazza di Tblisi ribollì. Ed eravamo a giugno.

Non è un caso se più di qualche analista abbia rivisto a Tbilisi, qualcosa di simile a quanto accaduto nella storica EuroMaidan di Kyev del 2014.

La composizione della piazza georgiana è assolutamente identica a quella ucraina di otto anni fa. Una classe media che idealizza l’Europa come portatrice di opportunità, diritti e ostacolo alla corruzione.

I manifestanti georgiani hanno immediatamente ricevuto la solidarietà del numero uno ucraino Zelensky che l’ha definita “amica Georgia”.

E Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione europea, non si è nascosto definendo l’adozione della legge “agente straniero” un ostacolo all’integrazione georgiana, in quanto lesiva della libertà di stampa.

Scontri per la legge su media e ong, 150 arresti e decine di feriti

Ad alimentare la sfiducia fra i manifestanti ha contribuito anche l’iter del progetto di legge, che mentre procedeva, continuava a racimolare firme su firme di liberi cittadini, organizzazioni di volontariato, categorie datoriali che vi si opponevano.

E per tutta risposta, il Parlamento reagiva riducendo l’accesso alla discussione sulle leggi, sino a ridurre l’accreditamento dei giornalisti.

Scontri si sono tenuti anche fra le mura del Parlamento, fra parlamentari di maggioranza e di opposizione.

Quando il 7 marzo una comunicazione ufficiale aveva annunciato che la discussione sulla legge sarebbe stata calendarizzata per il 9 marzo, il testo è stato invece approvato in prima lettura, spiazzando tutti e facendo esplodere il dissenso popolare.

Per due giorni e due notti il dissenso si è tramutato in una protesta oceanica, che si è chiusa con un bilancio di almeno 150 arrestati, decine di feriti e un numero in quantificabile di intossicati a causa dell’uso massiccio di lacrimogeni.

Ritrovatosi con le spalle al muro, il Governo georgiano, ha rilasciato il 9 marzo un comunicato ufficiale secondo cui la proposta di legge sarebbe stata ritirata.

Tuttavia, i partiti di maggioranza hanno continuato a ritenere “falsa” l’etichetta di “legge russa” accusando i media di aver ingannato il popolo.

Il governo ritira la legge per calmare la piazza

Il governo georgiano, seppur non definibile “filorusso” e senza intense relazioni con il Cremlino ormai dal 2008, è stato tuttavia tiepido nel condannare l’invasione in Ucraina. La proposta di legge appena ritirata era probabilmente orientata a far leva sui sentimenti più conservatori e patriottici, consolidamento del partito di governo, controllo delle istituzioni, controllo delle ong e dei giornalisti.

Ma l’opinione pubblica georgiana ha respinto questo modello che li avrebbe portati lontani dal sogno europeo, una grande prova di forza e di coesione.

Scopriremo nelle prossime settimane se l’obiettivo dei manifestanti era quello di ritirare la legge o se decideranno di rimanere in piazza.