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Le Grandi Navi a Venezia: una questione ancora aperta

Il nostro reportage in occasione della manifestazione We are the Tide. You are only G20, avvenuta alle Zattere, a Venezia

di Silvia Cegalin

È di poche ore fa la notizia che dal primo agosto le Grandi Navi non potranno più transitare nel bacino di San Marco, si spera che questa volta sia veramente quella decisiva in cui i decreti si rispettano senza deroghe. Perché è dal 2012 che si ripete che le Grandi Navi non possono più entrare a Venezia, ma nonostante ciò le navi continuano ad esserci.

Grandi Navi a Venezia e i decreti mai rispettati

Il primo aprile sembrava essere la data in cui si sarebbe potuta risolvere, una volta per tutte, l’annosa questione del transito delle Grandi Navi a Venezia. Il decreto- legge n. 45 recante «misure urgenti in materia di trasporti e per la disciplina del traffico crocieristico e del trasporto marittimo delle merci nella laguna di Venezia», difatti vieta il transito delle Grandi Navi nel bacino di San Marco. Il paradosso, però, è che, mentre si cerca di studiare un alternativo punto di attracco fuori dalla laguna (come previsto dal concorso di idee inserito nel decreto), per arrivare alla Stazione Marittima di Venezia le navi continueranno a passare per il bacino di San Marco.

Pur essendoci un divieto, quindi, questo non può essere rispettato e la soluzione temporanea di far attraccare le navi nel porto di Marghera che, ricordiamolo, è un porto commerciale con navi mercantili, non risulta al momento essere idoneo per le navi crocieristiche. Pure con questo decreto, dunque, il problema non viene risolto.

Anche nello stop che dovrebbe partire il primo agosto, tuttavia, si è scelto il porto di Marghera come attracco provvisorio, questa volta però perché la soluzione diventi effettiva serve l’ approvazione della VIA – Valutazione di Impatto Ambientale. Nonostante ciò rimangono un po’ di perplessità sulle tempistiche con cui potrebbero essere realizzati gli approdi temporanei.  

Eppure le Grandi Navi a Venezia non dovrebbero più transitare dal 2012. È datato 2 marzo 2012, infatti, il decreto ministeriale n.79 Clini-Passera, uno dei provvedimenti più importanti del Governo italiano in materia di infrastrutture. Per quanto riguardava Venezia, proibiva il passaggio di natanti superiori a 40mila tonnellate nel canale della Giudecca e nel bacino di San Marco (misura convertita a 25mila nell’ultimissimo decreto).

Provvedimento che, tuttavia, è rimasto inapplicato con deroghe in attesa del formarsi di accordi definitivi, permettendo così alle navi da crociera di entrare e passare per Venezia senza che venisse in qualche modo mediata la loro presenza.

La questione rimase aperta fino a quando l’Unesco, nel 2016, tramite una risoluzione adottata a Istanbul, sollecitò il governo italiano a risolvere in modo decisivo la problematica legata alle Grandi Navi attraverso l’ideazione di soluzioni rapide che sarebbero dovute diventare operative entro il 2017. Anche quell’invito però rimase inascoltato e ad oggi, luglio 2021, le Grandi Navi sono ancora in laguna come se il decreto Clini-Passera, la risoluzione di Istanbul e il decreto di aprile non fossero mai esistiti.

Dal 2017 sono trascorsi ben 4 anni ma l’Unesco non si è scordato della ‘storica’ questione veneziana, e non a caso, in concomitanza con l’assemblea annuale prevista dal 16 al 31 luglio, a fine giugno è ritornato sulla questione, ribadendo l’urgenza che sia il governo che l’amministrazione comunale di Venezia trovino per le Grandi Navi una soluzione di lunga durata, prendendo anche in considerazione l’ipotesi di impedire totalmente l’accesso in laguna alle navi da crociera, preferibilmente reindirizzandole verso porti più adatti.

In assenza di un piano d’intervento e di sviluppo correttivi, che dovrebbero essere presentati all’assemblea di luglio e attuati entro febbraio 2022, l’Unesco minaccia l’esclusione di Venezia e della sua laguna dalla lista del Patrimonio Mondiale da cui sono iscritte dal 1987, ma con la nuova misura in vigore dal primo agosto probabilmente tale controversia trova una risoluzione positiva.

La posizione del Comitato No Grandi Navi

Chi, dall’anno della sua fondazione, cioè dal 2012, si è opposto al passaggio e allo stazionamento delle Grandi Navi nella laguna veneziana è il comitato No Grandi Navi. La sua posizione è ormai nota da tempo e si basa principalmente su motivazioni che mettono al centro del dibattito priorità ecologiche, culturali e di sicurezza dei cittadini e degli altri naviganti.

In occasione della manifestazione We are the Tide. You are only G20, avvenuta sabato 10 luglio alle Zattere a Venezia contro il G20 in corso nel capoluogo veneto, era presente anche il comitato No Grandi Navi. Parlando con un attivista, gli ho chiesto quali soluzioni potrebbero essere messe in atto per chiudere definitivamente questa questione che si trascina da troppo tempo. Ci ha spiegato che, se si decide di accettare il gigantismo navale, l’alternativa meno dannosa per Venezia è quella di realizzare un porto fuori dalla laguna, un porto che di per sé già esiste, perché pensare di costruire un ponte nuovo è impensabile, un’opera pubblica infatti necessita di anni di studi, approvazioni e finanziamenti,  e come sappiamo i tempi stringono per Venezia.

Il ponte già esistente è il Venis Cruise 2.0 nella Bocca di porto del Lido, progetto promosso dalla Duferco Sviluppo e da DP Consulting, e l’unico ad aver ottenuto il parere positivo dalla Commissione Tecnica VIA del Ministero dell’Ambiente, ma che per diventare operativo necessita di altri passaggi istituzionali che al momento appaiono fermi. Se non si vuole rinunciare alle crociere esisterebbe dunque un modo per evitare il passaggio delle Grandi Navi a Venezia.

Tale soluzione, però, in qualcuno solleva ancora qualche dubbio. E sempre l’attivista precisa che l’altra possibilità per risolvere la questione delle Grandi Navi è quella di non accettare il gigantismo navale. Perché, si domandano gli attivisti del comitato e parte dei veneziani: «deve essere Venezia a modellarsi alle esigenze delle navi da crociera, ristrutturandosi? Ad adeguarsi alle caratteristiche delle località in cui navigano devono essere le navi, e non il contrario, è inconcepibile pensare di alterare un paesaggio naturale per far passare una crociera».

In laguna dovrebbero entrare soltanto quelle navi che si presentano in scala adeguata alla città e che non arrechino danno all’ambiente circostante, snaturandolo, una strada che aveva tentato anche la giunta Orsoni (2010/2014) senza però riuscirci.

Rinunciare al gigantismo navale viene interpretato dal comitato e da parte dei veneziani (la città su questo tema sembra spaccarsi a metà) come un punto di ripresa e non di arresto per Venezia, perché permetterebbe un ripensamento generale del turismo che, lo ribadiscono in molti, non deve essere per forza di massa.

Le Grandi Navi e la Monocultura turistica

L’altro argomento connesso al fenomeno delle Grandi Navi è appunto quello del turismo.

Il periodo di chiusura causato dalla pandemia ha infatti mostrato i lati deboli (e specialmente la rischiosità) di una monocultura turistica improntata prevalentemente sull’overtourism e su un’economia dettata dalle multinazionali. Con il covid e l’impossibilità dei turisti di entrare in città, Venezia è diventata letteralmente ‘orfana’ della sua più importante fonte di sostentamento. Per questo, se si vuole salvare Venezia, è doveroso orientarsi verso un turismo che non sia concentrato verso un’offerta unica (e che in questo specifico caso è rappresentato dalle multinazionali), ma che riesca a includere proposte che rispecchino la tipicità del territorio e che siano fondate sulla qualità e non più sulla quantità.

Appare evidente infatti che un diverso modo di concepire la città aiuterebbe anche l’economia – soprattutto quella dei piccoli artigiani, delle botteghe e dei ristoratori e dei negozi non appartenenti ad alcun brand – a risollevarsi e a ritrovare quella stabilità da tempo persa e che, ad oggi, è dominata da lavori con scarse tutele e un forte precariato.

Non a caso una delle conseguenze di questa economia distorta è stato lo spopolamento graduale dal centro storico di Venezia sia di attività che di residenti, in quanto le imprese artigianali e indipendenti hanno preferito spostarsi altrove, in luoghi meno ‘assillati’ dalle multinazionali milionarie che, ovviamente, vincevano facile sulla piccola e media concorrenza. Fattore che ha destrutturato in maniera radicale la città, trasformandola, e che la fa sempre più assomigliare a un centro commerciale a cielo aperto o a un parco divertimenti, dove la natura autentica di Venezia rischia di non essere più riconoscibile.

Auspicando che il nuovo decreto possa realmente fare la differenza, come ripetuto a più voci anche durante la manifestazione We are the Tide. You are only G20, si spera che Venezia ritorni ad essere una città vivibile, a misura d’essere umano e di tutti.