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Mala Giustizia, la dolorosa vicenda di Pierdomenico Garrone

Dopo 16 anni alla sbarra è stato assolto e chiederà il risarcimento 

di Paolo Trapani 

La periodica rubrica de “La Redazione” approfondisce un nuovo significativo caso italiano di cattiva giustizia. Ad essere al centro del focus stavolta è la vicenda di Pierdomenico Garrone. Il suo calvario nelle aule di tribunale è durato 16 anni.

Il blitz della Gdf su ordine della Procura di Asti

Aprile 2005, ore 7 del mattino: la Guardia di Finanza su ordine della Procura di Asti effettua un blitz, con una serie di perquisizioni nell’ambito di un’inchiesta per associazione a delinquere, false fatturazioni e truffa ai danni dello Stato. Ad essere indagati sono in otto, tra loro c’è anche Pierdomenico Garrone, in quel momento Presidente di Enoteca Italia e di Enoteca Piemonte. Quando arrivano a casa i finanzieri, Garrone è in treno, in viaggio da Torino a Milano. Scopre al suo arrivo di essere sotto indagine. Gli effetti, personali e lavorativi, per lui sono subito devastanti. L’indagine infatti viene accompagnata da grande clamore mediatico. 

Pierdomenico Garrone, presidente Enoteca Italia

Tre lustri sotto la tagliola giudiziaria 

Da quella primavera 2005 ad oggi sono trascorsi 16 anni e lo scorso 31 ottobre la Corte di Appello di Roma ha posto la parola fine ad un lungo e burrascoso iter giudiziario. Garrone è stato pienamente assolto dopo aver atteso i tempi biblici della giustizia italiana. Tempi che lo hanno costretto a vivere ben tre lustri da indagato, posto quotidianamente sotto la spada di Damocle di un percorso processuale infinito e dannoso. La prima sentenza di assoluzione era giunta 4 anni fa perché il fatto non sussiste. La Procura di Roma, però, aveva presentato ricorso che è stato rigettato perché dichiarato inammissibile in sede di Corte d’Appello.

Carriera professionale distrutta

In questi 16 anni trascorsi aspettando le varie sentenze, Garrone ha subito il tracollo pressoché totale della sua carriera. Il giorno stesso dell’ufficializzazione dell’inchiesta si era dimesso dalle cariche pubbliche rivestite. E naturalmente, mentre è rimasto alla sbarra, non ha potuto lavorare da comunicatore e promotore del vino italiano (questa era la mission di Enoteca Italia). I suoi ambiti di lavoro, infatti, si fondano sulla buona reputazione ed è quindi impossibile operare avendo un “carico pendente” (come si dice in gergo tecnico e giudiziario). 

L’ex presidente di Enoteca Italia ha anche denunciato di non essere mai stato interrogato dai suoi accusatori: “Io da quel magistrato non sono mai stato ascoltato, non lho mai visto. Così come non avrei visto nessuno dei pubblici ministeri che gli sono subentrati”, ha spiegato Garrone. L’indagine inizialmente era partita dalla Procura di Asti e poi era stata poi trasferita a Roma.

Adesso la richiesta di risarcimento: sarà riconosciuta?

Adesso Garrone prepara la sua richiesta di risarcimento allo Stato. Ha dovuto ovviamente sostenere le spese legali per difendersi dalle accuse e ha dovuto rinunciare agli incarichi lavorativi. Sarà naturalmente difficile quantificare la cifra adeguata: 16 anni vissuti aspettando la giustizia italiana e non potendo operare nel proprio settore professionale sono per certi aspetti non calcolabili. Inizia adesso una nuova battaglia legale. Che almeno si spera non durerà a lungo.