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Errori giudiziari / L’intervista a Rocco Femia: ecco il mio calvario. Ma non ho mai smesso di lottare per la verità e la giustizia

di Paolo Trapani 

Dopo una dolorosa vicenda giudiziaria, con 5 anni trascorsi in carcere e 10 nelle aule di tribunale per affrontare diversi processi, approfondiamo direttamente con Rocco Femia, già sindaco di Marina di Gioiosa Ionica, la sua clamorosa vicenda di malagiustizia. Femia è stato vittima di un incredibile errore giudiziario a cui ha reagito con coraggio e ostinazione fino ad ottenere a marzo scorso, dopo 10 anni di accuse infondate, l’assoluzione definitiva. 

Professor Femia, in primis le chiedo: sta ricevendo analoga attenzione mediatica, dopo l’assoluzione, come quella che subì in occasione del suo arresto? 

La gogna mediatica che sono stato costretto a subire non sta avendo analogo riscontro, in termini di visibilità positiva, dopo la mia assoluzione. Diverse testate giornalistiche che ringrazio (per esempio: “Gazzetta del Sud”, “Quotidiano del Sud”, “Il Dubbio”, “La Ragione”, “Huffingtonpost.it”, “Telemia”, “Esperia TV”, “La7 Omnibus” con Gaia Tortora, “Quarta Repubblica” su Rete 4 con Nicola Porro) si sono interessate a tutta la vicenda e hanno approfondito, dando degno risalto all’assoluzione. Purtroppo non posso dire altrettanto di tante altre grandi testate giornalistiche nazionali. È molto triste tutto questo. Forse non è un argomento facile da trattare ma proprio per questo serve coraggio. Non si può restare inermi. Quanto accaduto a me può accadere a chiunque. Io personalmente non sono mai rimasto in silenzio, ho sempre reagito. Non mi sono mai avvalso della facoltà di non rispondere, anzi ho continuamente chiesto di potermi confrontare con chi mi accusava. Ho risposto punto per punto alle accuse e dopo 10 anni ho vinto. 

Lei fu eletto sindaco nel 2008 e restò in carica fino al 2011, quando venne fermato dalla polizia. Quali azioni aveva intrapreso alla guida del Comune?

Fin dal primo giorno di mandato ho reso conto del mio operato ai cittadini. Con la consulta giovanile, all’epoca animata da 90 ragazzi, fu creato anche un giornalino locale. Era un mensile che veniva distribuito sul territorio ed era realizzato in totale autonomia. Non mi venivano risparmiate critiche ed era per me uno stimolo positivo. 

Dal punto di vista dell’amministrazione, da subito ho affidato tutti gli appalti alla Sua (stazione unica appaltante coordinata da Provincia e Prefettura). Siamo stati tra i primi a fare questa scelta, quando ancora la legge non la rendeva obbligatoria. Attuai questo metodo per tutti i tipi di appalto di qualunque soglia economica fossero. Anche per gli affidamenti diretti e gli interventi di somma urgenza ho sempre privilegiato l’impiego di personale comunale, per evitare ingerenze ed esborsi economici aggiuntivi e ingiustificati.

Quando seppi che i Carabinieri erano stati sfrattati dalla locale stazione perché non potevano pagare l’affitto, chiamai personalmente il Colonnello Giardina mettendo a disposizione gratis dei locali comunali. Questi sono soltanto alcuni esempi della mia amministrazione. Il Presidente di Libera, associazione che sul territorio si batte per la legalità e contro le mafie, è venuto a testimoniare in tribunale a favore della mia amministrazione e del mio operato. 

Quanti anni e quanti processi ci sono voluti per uscire da questo inferno?

Ci sono voluti 10 lunghi anni di processi per arrivare, lo scorso marzo, alla decisione finale della Corte d’Appello di Reggio Calabria. Dopo solo un’ora di Camera di consiglio ha emesso la sentenza di assoluzione. Nelle motivazioni della Corte c’è scritto che l’amministrazione Femia ha operato bene e a favore della legalità.  

Che idea si è fatto di tutta questa drammatica vicenda? Perché accadono certe cose?

Si voleva, con queste indagini, dimostrare le connessioni tra politica e ‘ndrangheta. Connessioni che sicuramente esistono, ma non sono qui. In questo caso hanno sbagliato persona. E hanno sbagliato amministrazione. 

Tra le tante conseguenze negative della sua vicenda, c’è anche la tragedia lavorativa. Ci racconta su questo fronte cosa tutt’ora sta vivendo?

Dopo l’arresto venni sospeso. Nel 2016, appena scarcerato, ho fatto istanza per il reintegro a scuola ma fu respinta. Nel 2017, dopo la sentenza della Cassazione, ho richiesto nuovamente di poter tornare a insegnare e così è avvenuto a marzo 2018. Ma lo scorso 20 maggio una nuova doccia fredda: sono stato sospeso dalla scuola con la motivazione assurda che avrei arrecato un danno alla pubblica amministrazione. Nel frattempo avevo chiesto di riavere le differenze economiche che mi erano state tolte, visto che durante la mia prima sospensione ricevevo solo un assegno di mantenimento e non il regolare stipendio di insegnante. Analogamente ho chiesto la restituzione di 6 anni di contributi previdenziali. Adesso ho dovuto presentare un ulteriore ricorso d’urgenza e sono in attesa di conoscere il responso. La mia attuale sospensione terminerà il prossimo 21 novembre e spero per quella data di poter finalmente tornare tra i banchi con gli studenti. 

Quanto le è costato finora difendersi in sede penale e civile con tutti i processi e i contenziosi che ha affrontato?

Con mia moglie abbiamo fatto i conti proprio nei giorni scorsi. Siamo a quota 350mila euro. Per fronteggiare le spese abbiamo dovuto vendere 2 magazzini in Paese, cedere la gestione di uno stabilimento balneare molto frequentato e ho dovuto impegnare l’intera somma, 130mila euro, che mio figlio aveva ricevuto come risarcimento per un gravissimo incidente stradale che aveva subito. Quella economica è una tragedia nella tragedia nei casi di errore giudiziario. 

Dopo tutto quello che è successo pensa che tornerà mai un giorno a fare politica? 

Non ho mai abbandonato quest’idea. Il mio sogno rimane quello di portare Marina di Gioiosa Ionica all’apice del turismo calabrese. Abbiamo tutte le carte in regola per riuscirci. E dobbiamo provarci.

La ricostruzione del caso Femia, 10 anni nella morsa della malagiustizia

Il sindaco di Marina di Gioiosa Ionica, arrestato nel 2008, è stato assolto definitivamente pochi mesi fa.

Marina di Gioiosa Ionica, piccolo e bellissimo Comune della costa calabrese, appena 6 mila e 500 abitanti, più volte bandiera blu per le sue acque cristalline. La località d’estate è tra le mete balneari più ambite della costa. Il Comune, dieci anni fa, era guidato da Rocco Femia, professore di educazione fisica in un liceo della zona.

All’alba di martedì 3 maggio 2011, a casa del sindaco Femia, che era stato eletto nel 2008, arriva la polizia. Deve eseguire un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. L’intervento rientra in un ampio blitz antimafia volto a sgominare le collusioni tra ‘ndrine e politica. L’operazione, denominata “Circolo Formato”, è coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria e porta all’arresto di 40 persone, tra cui tre assessori della giunta Femia. Tutti sono accusati a vario titolo di collusioni con una cosca locale. 

I primi passi in politica e l’elezione a Sindaco

Femia nel 2011 non è un novizio delle istituzioni e dell’amministrazione cittadina. Vanta una lunga esperienza: si era dedicato alla politica e all’associazionismo fin da giovane e aveva iniziato la sua gavetta diventando consigliere comunale già a 29 anni, nel 1988. Nel tempo aveva aumentato il proprio impegno civile e accresciuto la sua esperienza di amministratore pubblico. È così che alle elezioni amministrative del 2008 era risultato il candidato sindaco più votato, andando a conquistare la fascia tricolore. 

Appalti trasparenti 

Femia fin dall’insediamento nel 2008 ha le idee chiare ed affida gli appalti alla Sua (la stazione unica appaltante, ndr). Negli anni successivi questa opzione diverrà obbligatoria in Italia per determinate soglie di appalto. 

Quella del Sindaco di Marina di Gioiosa Ionica è una buona pratica amministrativa per cercare di tenere lontani appetiti e infiltrazioni criminali in quello che, essendo un piccolo Comune, è esposto ai possibili condizionamenti delle cosche. Il Sindaco inoltre si impegna con la sua amministrazione ad abbattere diverse strutture abusive presenti sul territorio. Tutte queste buone intenzioni, però non bastano perché gli inquirenti reggini ipotizzano che Femia e la sua giunta possano essere legati alle ‘ndrine e ai loro interessi. Da qui indagini, ricerche e bltiz con arresti. 

Le prime condanne e l’assoluzione 

Il Sindaco di Marina di Gioiosa Ionica trascorre poco più di 5 anni in carcere, dividendosi tra il penitenziario di Reggio Calabria e quello di Palermo, dove viene trasferito per un certo periodo. L’impianto accusatorio contro Femia regge per ben due gradi di giudizio e il politico viene condannato a 10 anni, in primo grado, che gli vengono confermati in sede di appello (sentenza del 18 luglio 2014). Per i giudici è colpevole di concorso esterno in associazione mafiosa. Ma nel 2016 arriva il colpo di scena e l’incredibile retromarcia. La Corte di Cassazione ad aprile di quell’anno annulla le condanne per i presunti soggetti mafiosi che avevano scelto il giudizio abbreviato, spezzando di fatto il processo in due tronconi. L’aspetto importante è che la sentenza azzera le accuse: non c’è un clan operativo a Marina di Gioiosa Ionica, le intercettazioni non provano il reato e poi non c’è evidenza di un metodo mafioso capace di determinare soggezione e omertà. Vacilla così anche l’accusa di inquinamento elettorale, quella che ha trascinato Femia e la sua giunta nel tunnel. Trascorre un altro anno e la Cassazione emette la sentenza bis: annulla anche le condanne dei politici e rinvia Femia alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio. Trascorrono altri 3 anni, siamo arrivati nel 2021, ed ecco il verdetto finale: Femia assolto, perché non è un mafioso e non ha aiutato la criminalità organizzata. Il suo calvario è terminato, anche se la morsa giudiziaria durata 10 anni ha lasciato ferite scoperte ed ha distrutto la sua vita politica, lavorativa e personale. In due lustri Femia non si è mai arreso, neanche nei momenti più difficili, ha sempre professato la sua innocenza e risposto colpo su colpo ai magistrati.

Difeso dagli avvocati Eugenio Minniti e Marco Tullio Martino, che sono stati affiancati dal professor Franco Coppi nel ricorso presso la Corte di Cassazione, Rocco Femia ha portato avanti la sua battaglia e in futuro è probabile che possa richiedere un robusto risarcimento per la ingiusta detenzione subita. (pt)

Leggi qui gli altri approfondimenti di www.laredazione.net sugli errori giudiziari italiani