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Nesli si racconta

Lo abbiamo intervistato sul suo ultimo lavoro ’Nesliving Volume 4 – Il seme cattivo’ e sulla scrittura. “Ci sono ottime penne in circolazione. Penso, ad esempio, a Venerus così come a Tedua che parla di vicende sempre molto reali e sincere. Apprezzo anche Shiva”.

«La scrittura ha sempre fatto parte di me, è sempre stata un’indole, un approccio al mondo. È un po’ come la solitudine, ovvero una compagna silenziosa che c’è sempre». Francesco Tarducci, 42 anni in arte Nesli, parla con tono pacato, pesando ciò che dice. D’altronde, per chi come lui sulle parole ha incentrato il proprio percorso non c’è da stupirsi più di tanto. Parole che hanno dato vita a brani iconici quali ‘’La fine’’ e a undici album densi di significato e storie personali, di cui l’ultimo è ‘’Nesliving Volume 4 – Il seme cattivo’’, uscito il 9 marzo e costituito da 22 tracce, il tassello finale di una carriera cominciata ben oltre vent’anni fa e segnata da tanti momenti significativi, alcuni felici e altri inevitabilmente complessi. Alle definizioni predilige una visione dell’arte e della musica decisamente più sfumata. «La musica ormai è diventata un codice unico: io non rappresento un filone, ma un modo di essere».

Nesli partiamo dal suo ultimo disco. Cosa lega questo quarto volume della saga ”Nesliving” agli altri tre usciti in precedenza?

«Sicuramente il sottoscritto».

Perché?

«Perché sono io il minimo comune denominatore di tutto».

Oltre questo?

«Chiaramente una grande volontà di realizzarlo e di mettermi ancora una volta in gioco. Per me la saga di ‘’Nesliving’’ significa rinascita: una rinascita incentrata sulla libertà artistica che lega intimamente i quattro volumi».

Cosa rende unico questo quarto volume rispetto agli altri?

«Questo, mi permetto di dire, credo sia il mio disco più bello. Sicuramente, già questo fattore lo rende unico rispetto a tutti gli altri».

Come mai sostiene sia il suo album migliore?

«Perché arriva al termine di un percorso artistico e di vita intenso, dove ho acquisito una esperienza notevole. Sono maturo sia come produttore che a livello di contenuti e questo si avverte nell’album».

Un album dove non c’è alcun filtro.

«Proprio così, mi sono espresso in totale libertà rispetto ad altri episodi della mia carriera. E, attualmente, esprimersi liberamente in un panorama musicale come quello nostrano non è di certo facile. La discografia di oggi non la giudico, ci mancherebbe, però non la capisco molto e trovo alquanto difficile rispecchiarmi in essa».

Di recente ha collaborato alla realizzazione del nuovo singolo di Emma Marrone ‘’Mezzo mondo’’. Come si trova a scrivere per gli altri?

«Di sicuro a mio agio, lo trovo molto più facile rispetto a quando si scrive per se stessi».

Cosa ama maggiormente dello scrivere per altri artisti?

«Il fatto che hai più orizzonti da esplorare a disposizione e questo ti consente di sentire molto meno la tensione. Scrivere per gli altri mi appaga tanto, non hai scadenze e, soprattutto, non hai alcun paletto che limita la tua creatività».

In questo momento della sua carriera come si definirebbe?

«Mi definirei nella stessa maniera in cui mi sarei definito agli inizi del mio percorso ovvero un artista. Io sono sempre stato molto più artista che imprenditore, non ho mai fatto musica per gli altri ma sempre per me stesso. Definirmi è compito arduo, sono sempre stato un battitore libero, tutto fuorché accondiscendente verso le mode e ciò che va per la maggiore».

Vent’anni fa pubblicò il suo primo disco solista ‘’Ego’’. Che ricordo ha di quel periodo?

«È stato un periodo importante e formativo, ero giovanissimo. Avevo le idee molto chiare, facevo 12 ore di musica al giorno: la mattina mi dedicavo alla realizzazione delle basi, mentre la sera scrivevo i testi. Tutto questo lo facevo ogni giorno, senza mai fermarmi. Ero lucidissimo, sapevo dove volevo arrivare e nulla poteva distogliermi dal mio obiettivo».

In ‘’Salvami’’, brano contenuto nel suo ultimo disco, canta: «la mia persona è a terra da troppo tempo». Adesso invece?

«Sicuramente realizzare questo disco è stato catartico, mi è servito per stare meglio. Sto provando a rialzarmi, non credo di esserci ancora riuscito ma sto facendo il possibile per tirare fuori da me ancora il meglio sia umanamente che artisticamente».

Quali sono gli artisti di cui apprezza il modo di scrivere?

«Ci sono ottime penne in circolazione. Penso, ad esempio, a Venerus così come a Tedua che parla di vicende sempre molto reali e sincere. Apprezzo anche Shiva, che tra i giovanissimi è uno dei nomi più amati: pur essendo molto diverso dal sottoscritto, ne riconosco il talento e la crescita».

Nel suo ultimo disco in ‘’Ancora tu’’ dice: «la solitudine è una voragine». Questo la spaventa?

«Mi spaventa e al contempo mi trovo a mio agio. La solitudine fa parte della vita di tutti noi, per quel che mi riguarda ci so convivere molto bene e al contempo mi accorgo che stare soli allontana dagli altri e dalle molteplici dinamiche di un’esistenza che si fa ogni giorno che passa sempre più frenetica».

Insieme a suo fratello Fabri Fibra, Shezan il Ragio, Word, Dj Lato, Chime Nadir e Dj Rudy B ha costituito anni fa lo storico collettivo ‘’Teste Mobili’’: cosa vi caratterizzava rispetto agli altri artisti del periodo?

«L’essere noi stessi al cento per cento senza emulare nessuno. Noi eravamo diversi e riconoscibili, sia dal punto di vista geografico – non venendo da una metropoli ma dalle Marche e dall’Emilia Romagna – sia per l’attitudine che sviluppavamo. Il nostro era un approccio completamente peculiare, grazie al quale riuscivamo a comunicare la semplicità e la purezza della vita in provincia e la magia delle piccole cose quotidiane che a nostro malgrado si tende a perdere».

In cosa è cambiato il suo modo di approcciarsi alla musica?

«Nella vita si cambia, è inevitabile ed è lecito sia così. Rispetto al passato, ascolto pochissima musica, preferisco il silenzio. Sì, proprio così: il silenzio nutre la mia mente molto più delle tante parole che vengono riversate, troppo spesso, senza calibrarle e coglierne il reale significato».