Salvatore Giuliano e la lettera che attesterebbe l’affiliazione alla mafia

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Salvatore Giuliano e la lettera che attesterebbe l’affiliazione alla mafia

La lettera, indirizzata all’aristocratico Raimondo Lanza di Trabia, parla del coinvolgimento del “personaggio mafioso” Salvatore Giuliano nell’operazione Husky, organizzata dagli Alleati in Sicilia.

Più di 50 anni di storia avvolta nei misteri. Sono le vicende di Salvatore Giuliano, il re di Montelepre o più comunemente chiamato “Turiddu”. Nato nel Comune dell’entroterra palermitano, lo storico bandito è stato al centro di numerosi dibattiti e la sua morte, avvenuta in circostanze misteriose, è stata avvolta dal segreto di Stato fino al 2016. Cinque le versioni differenti su quell’omicidio avvenuto a Castelvetrano il 5 luglio del 1950 e c’è chi, come il ricercatore storico Giuseppe Casarrubea, che sostiene che la persona rimasta vittima del conflitto a fuoco era solo un sosia dello stesso Giuliano e che il vero Salvatore era stato fatto fuggire all’estero e poi ucciso per avvelenamento in un bar di Napoli.

 

Misteri sulla morta del bandito Giuliano

Cosa che spinse la procura a riaprire un’inchiesta disponendo la riesumazione della bara per accertarne la vera identità. Tuttavia, la riesumazione avvenne nel 2010 e gli accertamenti del DNA confermarono che il cadavere apparteneva realmente al re del banditismo.

Sono tanti gli interrogativi che ruotano attorno alla sua storia da quel 5 luglio 1950, quando a Castelvetrano fu ritrovato il corpo di Salvatore Giuliano.  Ricercato anche per la strage di Portella della Ginestra da molti fu considerato un efferato criminale macchiatosi di numerosi delitti avvenuti in Sicilia nell’era del dopoguerra, ma allo stesso tempo per altri, fu un eroe romantico, una sorta di moderno Robin Hood siciliano le cui gesta simboleggiarono la difesa di un popolo oppresso dal sistema di quel periodo. 

Ritrovata la lettera che testimonierebbe la sua appartenenza alla mafia

Il suo nome di certo non passa inosservato e la sua storia è stata contrassegnata anche dalla fame che si viveva in quei terreni della Sicilia, reduci dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Le strade per sopravvivere non erano tante: chi seguiva le regole del banditismo, chi contrabbandava in generi alimentari e in modo particolare in grano e chi veniva affiliato alle cosche mafiose del dopoguerra. E ancora un altro mistero ruota attorno alla sua ascesa nel mondo del crimine. Secondo una lettera resa nota dall’ex senatore della Repubblica Carmine Mancuso, ci sarebbero elementi che lascerebbero presagire l’appartenenza dello stesso Giuliano alla mafia locale. E’ stato tutto scritto nero su bianco su una lettera di circa 80 anni fa. Il documento è datato 23 ottobre 1943 e sarebbe stato scritto dal barone Stefano La Motta che fu uno dei fondatori del Movimento indipendentista, oltre ad essere un uomo di spicco sui rapporti tra l’intelligence anglo britannica e l’aristocrazia siciliana,  durante il periodo dello sbarco degli alleati fino alla nascita dell’Autonomia siciliana. 

Il contenuto inedito del documento

La lettera, indirizzata all’aristocratico Raimondo Lanza di Trabia, parla del coinvolgimento di Salvatore Giuliano nell’operazione Husky organizzata dagli Alleati in Sicilia. “Caro Raimondo. Il generale Harold Rupert Alexander mi ha chiesto notizie. Io sono stato vago. L’altro ieri ho incontrato Galvano (riferendosi al fratello di Raimondo Lanza di Trabia), che mi ha raccontato di Cassibile e del suo amico generale Castellano. Intanto a Terre Rosse ci sono diversi accampamenti e può immaginare quale confusione regna. Occorre urgentemente una tua presenza in città. Gli alleati nell’operazione Husky hanno coinvolto personaggi mafiosi come Salvatore Giuliano. Questa notizia riservata l’ho appresa da Robert Capa. Così lo sbarco degli Alleati è stato un gioco. Si dice che possa esserci anche un aiuto da parte di Lucky Luciano, prigioniero negli Stati Uniti. Affettuosi saluti, Vento di Sera”, recita il documento. 

La strage di Portella della Ginestra rimasta senza mandanti ne moventi

Salvatore Giuliano potrebbe essere appartenuto alle organizzazioni mafiose siciliane e a testimoniarlo anche la strage di Portella della Ginestra che, a distanza di settant’anni, non conosce ne moventi ne mandanti e che tutt’ora si pensa ad un attentato di stampo mafioso. Era il primo maggio 1947 e a Portella della Ginestra, circa duemila persone, per celebrare la festa dei lavoratori, si erano riunite anche per festeggiare la vittoria alle elezioni regionali del partito Blocco del Popolo. A margine del comizio sindacale di un calzolaio di San Giuseppe Iato, il bandito Salvatore Giuliano insieme ai suoi uomini, iniziò a sparare colpi di mitra  tra la folla uccidendo 11 persone e ferendone altre 70. Le indagini rivelarono che dietro quella strage ci fosse proprio il re di Montelepre anche se rimane un mistero sui mandanti e sul movente. Secondo le ipotesi di diversi studiosi, la strage di Portella della Ginestra sia stata organizzata per frenare l’ascesa del Blocco Popolare, mentre altri sostengono la pista della vendetta: Giuliano avrebbe agito per vendicare i contadini che avrebbero svelato i suoi segreti alle Forze dell’ordine sui furti commessi. Non resta esclusa l’ipotesi di un attacco mafioso per difendere le terre dei cosiddetti “padroni” dalle occupazioni del comunismo.