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Stop dello stop di auto diesel e benzina

Ecco i motivi della sospensione che era già nell’aria, vista la contrarietà da subito manifestata dall’Italia e le forti perplessità della Germania, di Polonia e Bulgaria.

Mentre gli innamorati si scambiavano rose rosse e cioccolatini e si preparavano per la cena romantica di San Valentino, il Parlamento Europeo dava l’ok definitivo alla proposta della Commissione sullo stop alle nuove immatricolazioni di auto diesel e benzina, a partire dal 2035.

Una serie di rinvii

Tutto sembrava tracciato da quel giorno, ma in realtà a distanza di tre settimane, ogni certezza si ritrova messa in discussione. E non soltanto perché, nel frattempo, magari qualcuna fra quelle coppie di innamorati si è separata.  

Due rinvii, uno dopo l’altro, il 1° e il 3 Marzo, stanno facendo vacillare il progetto di Ursula Von der Leyen. Una sospensione che era nell’aria da giorni, vista la contrarietà da subito manifestata dall’Italia e le forti perplessità della Germania, insieme a quelle di Polonia e Bulgaria.

È accaduto in sede Coreper, il comitato dei rappresentanti permanenti dei rappresentanti dei Governi degli Stati membri dell’Ue. L’appuntamento del 1 Marzo avrebbe dovuto essere un semplice passaggio procedurale in vista dell’approvazione in sede di Consiglio, ma il timore di non riuscire a raggiungere la maggioranza qualificata del 55% degli Stati (ovvero 15 su 27) che rappresenti il 65% della popolazione, ha fatto optare la Presidenza svedese per un rinvio, prima al 3 Marzo e poi a data da destinarsi.

La previsione di voto

Secondo fonti interne, la percentuale di popolazione rappresentata si sarebbe fermato al 58%, quindi il provvedimento sarebbe stato respinto. Meglio evitare una bocciatura che avrebbe avuto del clamoroso e lavorare su un nuovo accordo, che faccia felice un po’ tutti.

‹‹Stiamo ascoltando e discutendo con gli Stati le preoccupazioni che sono emerse di recente.›› ha dichiarato in conferenza stampa la portavoce della Commissione Europea.

Nel testo della proposta compare un considerando, per cui la Commissione faccia una valutazione di progressi compiuti per raggiungere l’obbiettivo, prendendo in esame gli sviluppi tecnologici e l’importanza di una transizione verso emissioni zero che sia equa economicamente e socialmente.

La Germania e gli Efuels

La Germania chiede garanzie. Il suo sì è condizionato dalla presentazione di una proposta comunitaria che preveda l’immatricolazione di auto a combustione anche dopo il 2035 se alimentate dagli efuels, ovvero carburanti sintetici, liquidi o gassosi.

Italia, la posizione contraria allo stop a Diesel e benzina

Il Governo italiano aveva già annunciato il voto contrario al Regolamento che metterebbe in crisi l’intera filiera dell’industria automobilistica che con questo piano rischia di perdere 70 mila posti di lavoro, il comparto occupa circa 250 mila lavoratori e vale il 20% del nostro Pil.

‹‹Questo secondo rinvio in sede Ue sullo stop ai motori termici al 2035 è positivo››, ha affermato il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Picchetto Fratin.

“L’Italia ha una posizione molto chiara, l’elettrico non può essere l’unica soluzione del futuro. L’Italia ha svegliato l’Europa, mi auguro adesso ci sia una riflessione comune sulla competitività sostenibile anche nel settore automotive”, scrive invece su twitter il Ministro delle imprese, Adolfo Urso.

Francia al lavoro sull’obiettivo 2035

Dalla Francia, invece, per bocca del ministro dell’Industria Lescure, arriva una conferma sul rispetto del cronoprogramma in vista del 2035: «Stiamo lavorando sui dettagli per assicurarci che questo impegno comune sia in vigore quando dovrà essere in vigore: l’industria si sta organizzando per trovare il giusto percorso, ma questo deve essere in linea con l’obiettivo che abbiamo deciso tutti insieme e che i consumatori e i nostri cittadini stanno aspettando».

La Germania guarda alla decisione americana dell’Inflation Reduction Act

La Germania, sposta la discussione sul tema degli aiuti di Stato, contestando «l’aggressività» delle critiche di alcuni governi europei in relazione agli aiuti nazionali che l’Ue dovrebbe varare per rispondere a quanto fatto dal governo Biden con l’«Inflation Reduction Act» (di cui il nostro giornale fu tra i primi a parlarne).

«È bizzarro che alcuni paesi che ora intervengono in modo aggressivo siano gli stessi che sono più aggressivi quando si tratta di competizione sulla tassazione. Non possiamo consentire che altre economie nel mondo stimolino con elevati sussidi pubblici gli investimenti, mentre noi litighiamo al nostro interno sulla concorrenza equa nel mercato comune. Dobbiamo conciliare questi due obiettivi»», ha affermato il sottosegretario di Stato tedesco Sven Giegold.