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Cannabis, si riapre il dibattito politico

Ecco cosa prevede la proposta di legge approdata alla Camera

di Salvatore Baldari

‹‹Per la prima volta in Aula inizia un dibattito pubblico sulle droghe leggere. Il nostro è il Paese europeo con le politiche più repressive rispetto alle droghe, ma a questa rigidità non corrisponde una diminuzione della circolazione delle sostanze e del mercato illegale degli stupefacenti››. Con queste parole, pochi giorni fa, l’on. Riccardo Magi, di +Europa, ha salutato l’approdo alla Camera delle proposta di legge che lui stesso aveva depositato nel 2019.

Il cammino per arrivare alla discussione a Montecitorio è stato tortuoso, fra numerose audizioni e interruzioni dovute alla pandemia. Senza dubbio la crisi di Governo in corso e i preparativi per le prossime elezioni freneranno ulteriormente l’iter di questa legge.

Ma cosa prevede il testo che tanto ha fatto discutere nelle prime settimane di Luglio?

Andando a spulciare fra le norme e i commi, è possibile schematizzare gli elementi principali, in alcuni pilastri.

Sarà consentita la coltivazione e la detenzione in forma individuale, e per uso personale, fino ad un massimo di 4 piante femmine di cannabis idonee e finalizzate alla produzione di sostanza stupefacente. Oltre questa soglia, sono previste delle deroghe soltanto in caso di: rudimentalità delle tecniche utilizzate, assenza di indici di inserimento nel mercato degli stupefacenti, dimensioni minime e un numero ridotto di piante, sebbene superiore a quattro.

Rispetto al quadro delle sanzioni, si introduce una modifica al Testo Unico attuale, con un aumento della pena prevista per attività illecite di cessione e commercializzazione di droghe leggere, con una reclusione da 3 a 8 anni e una multa da 15.000 a 150.000 euro.

Inoltre, a differenza della normativa attuale, che non distingue tra stupefacenti, applicando indifferentemente ai fatti di lieve entità la pena della reclusione da 6 mesi a 4 anni e della multa da 1.032 a 10.329 euro, il disegno di legge Magi opera una distinzione fra le droghe pesanti e le droghe leggere, stabilendo limiti inferiori per le sole droghe leggere, reclusione da due mesi a due anni e multa fino a 2.000 euro.

Fra i punti della legge, anche la previsione di una Giornata Nazionale con attività di sensibilizzazione e informazione.

Il tema è profondamente divisivo nella politica e nell’opinione pubblica. Non stupiscono pertanto le molteplici e contrastanti reazioni che ha provocato in così pochi giorni.

Interessante, fra questi, il punto di vista del dott. Paolo Poli, Presidente di Sirca (Società Italiana Ricerca Cannabis) che, pur avendo curato con la cannabis oltre cinque mila pazienti, è contrario alla sua legalizzazione.

‹‹Sarebbe un grave danno per i pazienti››.

Ha dichiarato in una recente intervista su Il Giornale, aggiungendo poi: ‹‹Spesso assistiamo a dichiarazioni da parte di santoni della cannabis che si attribuiscono la conoscenza delle proprietà della pianta e delle metodiche di coltivazione, ma non hanno alcuna conoscenza degli effetti clinici dei principi attivi in essa contenuti. Parlano di percentuali di Thc e Cbd senza nemmeno sapere quanti milligrammi di principi attivi il nostro organismo sia in grado di assumere, quale sia il dosaggio idoneo per trattare una determinata patologia, quale sia il grado di tossicità della pianta per ciascuno di noi.››

Perentorio il suo giudizio sul disegno di legge in discussione:

‹‹La legalizzazione dell’uso della cannabis è una legge iniqua ed una irresponsabilità politica che premia i consumatori di cannabis a scopo ludico e danneggia gravemente i pazienti››.

Il dottor Paoli insiste sulla necessità di dare spazio agli studi scientifici e alle verifiche farmacologiche e soprattutto sull’opportunità di continuare a somministrare le terapie secondo indicazioni di un medico, mettendo da parte ipotesi come l’autocoltivazione.

Fra proiezioni che evidenziano vantaggi economici in caso di legalizzazione, si inseriscono i richiami di chi teme ripercussioni sulla salute e le abitudini soprattutto dei più giovani.

Ma, molto probabilmente, un antico precetto liberale secondo cui “se un fenomeno non è legale, non vuol dire che non esista” aiuterebbe ad orientarsi e ad individuare meccanismi in grado di salvaguardare tutte le esigenze in campo.