Mafia, “le stragi del ’93 furono suggerite a Cosa nostra”

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Mafia, “le stragi del ’93 furono suggerite a Cosa nostra”


Emergono indizi sulla presenza femminile negli attentati del ‘93. A margine dei processi e sulla base di diverse testimonianze, sarebbero emersi indizi che lasciano presagire la presenza femminile nello svincolo di Capaci e nella strage di via dei Georgofili a Firenze.

Si torna a parlare della strategia stragista di Cosa nostra e, in particolare, degli attentati compiuti nel biennio 1992-94. Numerose le inchieste susseguitesi negli anni che non hanno ancora consentito di scoprire la verità sugli omicidi dei servitori dello Stato, come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e sull’attentato di via Fauro, fortunatamente non andato a segno contro il giornalista Maurizio Costanzo, e quello di via dei Georgofili.

Donadio, Carbone e Giannantoni parlano delle stragi di mafia

A trent’anni di distanza da quelle stragi, si continua ad indagare per scoprire le verità ancora nascoste e fare luce su molti misteri. A parlarne è il magistrato Gianfranco Donadio, assieme al giornalista Massimiliano Giannantoni e il criminologo Federico Carbone, ospiti alla trasmissione Dark Side – Storia segreta d’Italia. In occasione del trentennale della strage di Capaci, Donadio si sofferma sul ruolo femminile, talvolta anche rilevante nel progetto stragista. Donne che, con molta probabilità, non appartenevano a nessuna famiglia mafiosa e che rappresentavano un’anomalia nella storia di Cosa nostra.

Emergono indizi sulla presenza femminile negli attentati del ‘93

A margine dei processi e sulla base di diverse testimonianze, sarebbero emersi indizi che lasciano presagire la presenza femminile nello svincolo di Capaci, luogo in cui fu progettato ed eseguito l’attentato contro il giudice Falcone, la moglie e gli uomini della scorta, e nella strage di via dei Georgofili a Firenze. Era il 27 maggio 1993, quando a Firenze, in via dei Georgofili un boato sconvolse il centro storico della città. La violenta esplosione distrusse la Torre dei Pulci e la custode dell’Accademia rimase uccisa assieme ai componenti della sua famiglia, mentre altre 38 persone rimasero ferite. Gravi danni furono riportati anche nella Chiesa dei Santi Stefano e Cecilia e nel complesso artistico della Galleria degli Uffizi. Una sorta di dichiarazione di guerra della mafia contro l’Italia con l’obiettivo di convincere lo Stato alla revisione dei processi sulla criminalità organizzata che avevano inflitto diversi ergastoli e anni di “carcere duro” a potenti boss mafiosi.

Giannantoni: “L’idea stragista fu suggerita o imposta”

Alla luce di quei fatti, il giornalista Giannantoni racconta il lavoro di ricerca fatto in collaborazione con il criminologo Federico Carbone per scoprire il ruolo delle donne negli attentati dinamitardi, spiegando che l’idea stragista di Cosa nostra fu suggerita o addirittura imposta, approfittando del fatto che uomini di Cosa nostra dovevano regolare i conti con lo Stato o con magistrati come Falcone e Borsellino.

Entità esterne a decidere le stragi

“Cosa nostra negli anni ’90 non ebbe una strategia terroristica. Caso mai gli venne suggerita o addirittura imposta – spiega il giornalista – Cercavamo la donna che lasciò il DNA su un paio di guanti di lattice a pochi metri dal cratere di Capaci; cercavamo la donna vista in via Fauro prima dell’esplosione; cercavamo quella vista in via dei Georgofili e quella vista in via Palestro”. Stando alle indagini, nelle stragi sono state coinvolte diverse donne e addirittura anche nell’ambito militare, addestratrici della Gladio facenti capo al Sismi. Tuttavia, per Federico Carbone molte di queste donne provengono dal mondo di Gladio, l’organizzazione paramilitare nata nell’intesa tra la CIA e i servizi segreti italiani. Essendo una creatura della NATO andrebbe a mischiare gli interessi nostrani con quelli di altri paesi. “Da qui la presenza e l’operatività all’interno degli attentati di strutture esterne che in qualche modo possono con la loro opera aver favorito la messa in opera della strategia stragista” afferma Carbone certo che l’impiego di donne nel compimento delle stragi non è nello stile di Cosa nostra. “Collocare la presenza di una donna in quegli scenari dimostra la presenza di entità esterna”, ha concluso il criminologo.

Testimonianze sulla strage dei Georgofili

Va ricordata la cosiddetta strage di via Georgofili, avvenuta nella notte tra il 26 ed il 27 maggio 1993. In quel tragico evento, una figura femminile avrebbe preso parte al commando che organizzò la violenta esplosione. Stando alle ricerche del procuratore Donadio, egli è riuscito a trovare un testimone che avrebbe confermato l’ipotesi di una presenza di sesso femminile nel luogo dell’attentato. Si tratta di Vincenzo Barreca, di professione portiere del palazzo ai civici 56 e 58. L’uomo racconta al procuratore di un vociare tra due persone fino al momento in cui i due giovani recuperano una busta gialla all’interno dell’infisso di una porta. Una donna esce da una Mercedes scura targata “RO” con tailleur scuro. Il portiere assiste alla scena della misteriosa donna che, rivolgendosi ai due giovani dice: “Ci muoviamo o no?”.

All’ingresso, invece, c’era una cartina di Firenze con due punti cerchiati in rosso, proprio come se si volesse alludere ad un obiettivo da raggiungere. Nel momento in cui si affaccia alla finestra, il portiere si accorge che i due giovani consegnavano la borsa all’uomo sceso da un Fiat Fiorino bianco arrivato poco prima. Lo stesso che è stato fatto saltare in aria, devastando la galleria degli Uffizi e cagionando la morte di cinque persone. La donna presente sul luogo dell’attentato è stata descritta come una ragazza di 25 anni, con capelli a caschetto e lisci, di corporatura snella e alta circa 1 metro e 70.

Rosa Belotti presente nella strage di via Palestro

E ancora, viene ricordata la strage di via Palestro compiuta da Cosa nostra la sera del 27 luglio 1993 e che ha causato 5 vittime e gravi danni al patrimonio artistico. Sono state devastate la Galleria d’Arte Moderna e il Padiglione di Arte Contemporanea. A margine delle indagini la procura di Firenze avrebbe individuato la presenza femminile nel teatro dell’attentato. Rosa Belotti, infatti, avrebbe avuto un ruolo attivo nella strage e, a testimoniare la sua presenza, sarebbe una fotografia ritrovata in un villino ad Alcamo, in provincia di Trapani.

Infine, anche nella tristemente ricordata strage di Capaci potrebbe esserci stata traccia di presenza femminile. A 63 metri dal cratere causato dalla violenta esplosione all’altezza dello svincolo per Capaci sono stati ritrovati dei guanti in lattice, i reperti “4A” e 4B”, un tubetto di mastice di marca Arexons e una torcia affidati all’esperto Nicola Resta. Queste le dichiarazioni dell’esperto dopo le dovute analisi del DNA: “Si tratta di almeno altri tre individui dove però i componenti attribuibili a uno o più soggetti di sesso femminile risultano essere maggiormente rappresentati”.

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