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Contro pratiche scorrette e monopoli dei “grandi” del digitale. Il Digital Markets Act

European Union Data Protection bits and bytes in ripple waving pattern with glowing EU stars

di Silvia Cegalin

Il 2022 si prospetta essere un anno cruciale per la regolamentazione e l’accrescimento del campo digitale. All’inizio di questo nuovo anno è previsto infatti l’avvio dei negoziati per il Digital Markets Act (DMA). Provvedimento proposto dalla Commissione Europea nel dicembre 2020 e approvato dal Parlamento Europeo con 642 voti favorevoli, 8 contrari e 46 astenuti, e che potrebbe entrare in vigore sotto forma di regolamento UE già alla fine del 2022, o all’inizio del 2023.

Un’importante regolarizzazione avente lo scopo di garantire mercati digitali equi e aperti, punendo così pratiche scorrette, privilegi e una concorrenza sleale.

I principi del Digital Markets Act e la guerra” ai gatekeepers

Per comprendere il Digital Markets Act è necessario introdurre la nozione di gatekeepers (guardiani, uscieri), un termine che viene usato in ambito comunicativo per designare le aziende che controllano almeno un “servizio di piattaforma principale”, ossia le Big tech.

Obiettivo del DMA è appunto quello di favorire un mercato digitale libero attraverso l’applicazione di principi che tutelino maggiormente i consumatori e costringano i gatekeepers a rispettare più vincoli.

Uno tra i punti chiave del provvedimento è il requisito di interoperabilità tra i servizi, ossia rendere interagenti sistemi o applicazioni provenienti da fornitori differenti, dando così l’opportunità a società terze di potersi sviluppare senza essere sottoposte allo strapotere dei gatekeeper, requisito che concede agli utenti una possibilità di scelta più ampia e meno monopolizzata. A questo aspetto si affiancano anche le restrizioni alle acquisizioni killer”, ovvero impedire che un’azienda affondi la concorrenza di un’altra compagnia, comperandola; qualora un gatekeepers dovesse violare tale regola la Commissione ha imposto sanzioni non inferiori al 4% e non superiori al 20%, tutelando in questo modo il mercato interno.

Tra le altre misure del DMA compaiono inoltre: il divieto, se non previo consenso, di annunci pubblicitari mirati (targeting advertisements) e il trattamento, per finalità commerciali, di informazioni sensibili dei minori.

Il Digital Markets Act e le criticità geopolitiche

Se il Digital Markets Act affronta in maniera decisiva questioni commerciali e concorrenziali che obbligano le piattaforme dominanti ad un ridimensionamento del loro potere di mercato, gli Stati Uniti considerano tale regolamentazione come un provvedimento atto a colpire prevalentemente le aziende americane, e non ad esempio quelle cinesi o russe.

Questo perché, diversamente da quanto espresso nella prima versione del testo, si è deciso di “sorvegliare” società che fatturano 8 miliardi di euro anziché 6,5 miliardi, e 80 miliardi di capitalizzazione di mercato invece degli iniziali 65 miliardi di euro.

Ma non finisce qui: da quanto dichiarato al Financial Times dall’europarlamentare Andreas Schwab (CDU), colui che ha voluto il DMA, i gatekeepers da controllare sarebbero, esclusivamente, le 5 aziende della Silicon raccolte nell’acronimo GAFAM: Google, Amazon, Facebook/Meta, Apple, Microsoft aggiungendo, al massimo, la cinese Alibaba.

Appare evidente, dunque, che colossi come Tencent, Huawei e TikTok (ma non solo) rischierebbero di essere esclusi da tale regolamentazione, una prospettiva che ovviamente non è piaciuta all’amministrazione Biden e alla rappresentante al Commercio Katherine Tai.

La proprietà” dei dati: un punto su cui riflettere

Un altro nervo scoperto del DMA riguarda la gestione dei dati: con il principio di interoperabilità infatti le aziende dovrebbero condividere con altre le proprie informazioni, siano essi codici o algoritmi o proprietà intellettuale, è quindi necessario capire come queste informazioni, una volta rese pubbliche, verrebbero usate da quelle aziende terze sottoposte ai regimi autoritari. Perché, se da una parte tale principio è validissimo per la lotta contro l’accentramento del potere e sviluppare un mercato digitale equo, dall’altro è doveroso valutare le ripercussioni che si potrebbero avere se i dati fossero condivisi con aziende sottoposte al controllo governativo.

Un punto piuttosto critico, questo, ma per capire meglio cosa succederà bisogna attendere i prossimi mesi.