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Artifact: il social che combatte la disinformazione. Ci riuscirà?


Combattere la disinformazione e mettere al centro le notizie – e questo si intuisce già dal nome che altro non è che la combinazione tra i termini “Intelligenza Artificiale” e “Fact” -: è l’obiettivo del nuovo social che porta le firme di Kevin Systrom e Mike Krieger, fondatori nel 2010 di Instagram.

Stanchi dei soliti social network? Se la vostra risposta è sì, è perché non avete ancora provato Artifact. Questa potrebbe essere la frase promozionale giusta per sponsorizzare il nuovo social che porta le firme di Kevin Systrom e Mike Krieger, fondatori nel 2010 di Instagram, poi venduta a Meta. 

Cos’è Artifact, il nuovo social

Obiettivo di Artifact è quello di combattere la disinformazione e mettere al centro le notizie; e questo si intuisce già dal nome che altro non è che la combinazione tra i termini “Intelligenza Artificiale” e “Fact” (fatti). 

Seguendo il medesimo meccanismo di TikTok, Artifact attraverso l’uso del machine learning presenterà all’utente un mix di articoli personalizzato, scelto proprio in base alle scelte del fruitore e ai suoi gusti, notizie che poi potranno essere commentate pubblicamente con la propria platea di contatti. Ma la vera novità di Artifact è che le notizie presenti provengono esclusivamente da giornali accreditati e affidabili, questo per far giungere ai lettori soltanto news verificate, e limitare il rischio di disinformazione. 

Oltre però a famose testate, come il New York Times ad esempio, nella piattaforma saranno inseriti anche blog che trattano temi di nicchia. Ma come funzionerà Artifact? Dotato di un feed, Artifact mostrerà gli articoli dei contatti che si seguono e in base alle proprie preferenze, che saranno commentabili; un social, dunque, interamente improntato sul linguaggio scritto, in netta controtendenza con le mode del momento che vedono l’immagine al centro della scena comunicativa.

Al momento non sappiamo ancora come andrà Artifact, se avrà successo o meno, perché attualmente la app è in beta e solo pochi selezionati possono utilizzarla, inoltre la lista di attesa è lunghissima.

Combattere l’algoritmo con lo stesso algoritmo

La domanda è: avevamo bisogno dell’ennesimo social network, oltretutto gestito da un’intelligenza artificiale per combattere la disinformazione? Quando sono gli stessi social che hanno facilitato la diffusione delle fake news? In un’era in cui l’informazione per esistere deve sottostare alle logiche del digitale, di feedback, dei “like” e delle visualizzazioni, e di un lavoro, quello del giornalista, che rischia di essere svolto da robot e influencer; Artifact più che l’uscita dal tunnel sembra proporre una via che, se da una parte rimette al centro la scrittura e il fact checking (basilare per chi fa informazione), dall’altra non esce dagli schemi del mondo virtuale dei click e della scelta tramite algoritmo.

Tutti contro le fake news, ma intanto le Big Tech tagliano i settori della disinformazione

Mentre sul mercato viene lanciato un social per combattere le fake news, sorprende che le aziende più in vista della Silicon Valley stiano facendo dei tagli proprio ai comparti che si occupano di fact-checking. Un articolo del New York Times rivela che Alphabet ha licenziato di circa 12mila dipendenti, portando una singola persona a gestire le policy sulle informazioni fuorvianti, e non va meglio a Meta che ha tagliato il 13% dei suo team, concentrandosi esclusivamente sul metaverso a discapito del fact-checking. 

Non si discosta da questa tendenza Elon Musk, che, da quando è al comando di Twitter, ha licenziato più di metà dei dipendenti che si occupavano di proliferazione delle notizie false. Sembrano lontani i tempi in cui le grandi piattaforme investivano per garantire la diffusione di contenuti veritieri e attendibili, ora, al contrario, la sorte dell’informazione è lasciata in mano a un social completamente gestito dall’AI.